Studio Legale Enrica Gianola Bazzini

Studio Legale Enrica Gianola Bazzini Diritto civile: diritto di famiglia; diritto dell'immigrazione (asilo politico, permessi soggiorno,
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10/06/2022

Da più parti ci è stato chiesto di fornire un chiarimento sui quesiti referendari sui quali siamo chiamati a votare domenica 12 giugno. Eccovi un sunto, a cura del dott. Andrea Restori, collaboratore dello Studio.

Con il primo quesito (scheda di colore ROSSO) si chiede ai cittadini se vogliono abrogare il d.lgs. 235/2012, anche noto come “legge Severino”.
Attualmente, infatti, è previsto che alcuni soggetti, come parlamentari, consiglieri regionali, sindaci, amministratori locali e altri, decadano automaticamente dalla loro carica nel caso in cui subiscano una condanna penale definitiva per un delitto non colposo; in alcuni casi la decadenza di cui sopra opera anche in caso di condanna non definitiva (come ad esempio nel caso di una condanna nel solo primo grado).
Votando SI, i cittadini esprimono l’intenzione di abrogare il d.lgs. 235/2012, con la conseguenza che una eventuale interdizione del condannato dai pubblici uffici non sarà più automatica, ma dovrà essere valutata e, nel caso, comminata dal giudice caso per caso, come pena accessoria; al contrario, votando NO, i cittadini esprimono l’intenzione di mantenere in vigore il d.lgs. 235/2012.

Con il secondo quesito (scheda di colore ARANCIONE) si chiede ai cittadini se vogliono abrogare l’ultimo inciso dell’art. 274, comma 1, lettera c del Codice di procedura penale, in materia di misure cautelari.
Nell’ordinamento italiano una misura cautelare può essere disposta dal giudice ove ricorrano alcuni presupposti ben precisi, ovvero presupposti edittali (le misure cautelari si applicano solo ai delitti puniti oltre determinate soglie di pena), gravi indizi di colpevolezza ed esigenze cautelari, ovvero le ragioni per cui si rende necessario disporre una misura cautelare.
Tali esigenze sono il pericolo di inquinamento delle prove, il pericolo di fuga e il pericolo di commissione di gravi reati, anche noto come “pericolo della reiterazione del reato”; proprio a quest’ultima esigenza fa riferimento il quesito referendario.
Votando SI, i cittadini esprimono l’intenzione di abrogare l’ultimo inciso dell’art. 274, comma 1, lettera c del Codice di Procedura penale, con la conseguenza che per alcuni reati non potranno essere richieste misure cautelari basate sull’esigenza cautelare del pericolo della reiterazione del reato.
Resterebbe in vigore la carcerazione preventiva per chi commette reati più gravi e si abolirebbe la possibilità di procedere alla privazione della libertà in ragione di una possibile “reiterazione del medesimo reato”. Questa è la motivazione che viene utilizzata più di frequente per disporre la custodia cautelare, molto spesso senza che questo rischio esista veramente.
Viceversa, votando NO, i cittadini esprimono l’intenzione di non abrogare la norma.

Con il terzo quesito (scheda di colore GIALLO) si chiede ai cittadini se vogliono abrogare una norma dell’ordinamento giudiziario che consente ai magistrati di passare, nell’arco della loro carriera, dalla carriera giudicante (si tratta dei giudici, ovvero dei magistrati che emettono le sentenze all’interno dei processi) alla carriera requirente (si tratta ad esempio dei Pubblici Ministeri, che dirigono le indagini preliminari e che esercitano l’azione penale).
Attualmente, infatti, ai magistrati è concesso passare da una funzione all’altra per massimo quattro volte nella loro carriera.
Votando SI, i cittadini esprimono l’intenzione di abrogare tale disposizione, con la conseguenza che i magistrati dovranno scegliere all’inizio della loro carriera quale carriera intraprendere (giudicante o requirente), per poi dedicarsi esclusivamente a quella; viceversa, votando NO, i cittadini esprimono l’intenzione di non abrogare la norma e quindi di permettere ai magistrati il passaggio dalla carriera giudicante a quella requirente, nei limiti precedentemente citati.

Con il quarto quesito (scheda di colore GRIGIO) si chiede ai cittadini se vogliono abrogare le norme in materia di composizione del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione e dei consigli giudiziari e delle competenze dei membri laici che ne fanno parte.
Questi organi, infatti, sono composti da membri togati (magistrati) e membri laici, ovvero avvocati e professori universitari in materie giuridiche; i membri laici, attualmente, non possono votare nelle valutazioni professionali dei magistrati, che viene effettuata ogni quattro anni.
Votando SI, i cittadini esprimono l’intenzione di abrogare le disposizioni riassunte in precedenza, permettendo quindi anche ai membri laici degli organi citati in precedenza, ovverosia avvocati e professori universitari, di votare anch’essi all’interno del procedimento di valutazione professionale dei magistrati; viceversa, votando NO, i cittadini esprimono l’intenzione di non abrogare le disposizioni riassunte sopra.

Con il quinto quesito (scheda di colore VERDE) si chiede ai cittadini se vogliono abrogare una parte dell’art. 25, comma 3 della legge 195/1958, contenente norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura (C.S.M.).
Ricordiamo che il C.S.M. è l’organo, espressamente previsto dalla nostra Costituzione (art. 104), di autogoverno della magistratura.
Attualmente, ai magistrati che vogliano candidarsi come membri del C.S.M., è richiesto anche di raccogliere dalle 25 alle 50 firme di altri magistrati.
Votando SI, i cittadini esprimono l’intenzione di abrogare tale disposizione, consentendo quindi ai magistrati che vogliano candidarsi come membri del C.S.M. di poterlo fare semplicemente presentando la loro candidatura, senza più la necessita della raccolta delle firme di altri magistrati.
Viceversa, votando NO, i cittadini esprimono l’intenzione di non abrogare la norma, con la conseguenza di rendere ancora necessaria la raccolta da 25 a 50 firme per i magistrati che intendano candidarsi come membri del C.S.M.

Si vota nella sola giornata di domenica 12 giugno 2022, dalle ore 7:00 alle ore 23:00.
Ricordiamo anche che per votare è necessario recarsi al proprio seggio muniti di un documento di identità in corso di validità e della tessera elettorale.

STUDIO LEGALE GIANOLA BAZZINI

22/11/2021
Parole sante!
11/11/2021

Parole sante!

🟥Palermo, 10.11.2021 - La replica del Presidente del COA di Palermo, Antonello Armetta, alla Ministra Cartabia🟥

Ill.mo Sig. Ministro,
Rappresento a nome di tutti i Presidenti degli ordini del distretto, dei nostri consigli e dei nostri iscritti il piacere e l’onore di ospitarLa a Palermo, in questa sede che ha una storia, un significato, una memoria con pochi eguali.
Apprezziamo particolarmente il Suo sforzo di illustrare, di presenza, la riforma dell’ufficio per il processo nei distretti italiani, che dimostra una assoluta consapevolezza della necessità di confrontarsi con le diverse realtà territoriali nonché di verificare anche le posizioni di chi, questa riforma, è chiamato ad attuarla e applicarla.
L’onestà ed il nostro ruolo ci impongono di rappresentarLe però, anzitutto, la necessità che questo confronto fosse avvenuto con congruo anticipo, dunque prima ancora della legge istitutiva dell’Ufficio in questione; e ciò poiché in quella sede probabilmente sarebbero meglio emerse le diverse criticità, che, a nostro giudizio, si annidano già a monte dell’idea riformatrice del Governo.
Sappiamo quali limiti politici ha incontrato la predisposizione del PNRR, e a quali esigenze è stata ispirata l’individuazione delle possibili riforme da presentare al fine di ottenere l’accesso alle importantissime risorse economiche messe in campo dall’Europa.
Temiamo, però, che le problematiche della giustizia rischino di aumentare a causa di questa riforma, che ha sollevato numerose voci critiche sia dell’Avvocatura che della Magistratura.
Ci poniamo, in primo luogo, il problema dell’applicazione concreta della riforma, dei tempi che saranno necessari per inserire nello staff del Giudice il nuovo personale e della difficoltà di formarlo adeguatamente per una funzione assolutamente difficile, impegnativa e che richiede una altissima professionalità.
Il rischio è quello di una attuazione della riforma a più velocità, con maggiori difficoltà ove i numeri del contenzioso e del personale saranno più elevati, e di un carico maggiore di lavoro – ancora più di oggi – in capo ai magistrati che dovranno assicurare il controllo sull’operato del personale.
Non ci sono garanzie per il futuro professionale di tutti coloro che saranno assunti nell’ufficio per il processo, che dopo tre anni si troveranno senza un contratto dopo avere magari acquisito competenze specifiche ed utili al sistema giustizia, con il pericolo di creare una nuova categoria di precari che si somma a quella dei giudici onorari.
Cosa ne sarà di questi giovani? E’ un problema che dobbiamo porci sin da ora, ancora prima di pensare a soluzioni a termine.
Non vogliamo, poi, che si perda ciò che resta del principio di immediatezza, già fortemente in crisi e che rischierebbe di restare una mera costruzione dottrinale.
Seri dubbi, infatti, pone la circostanza che i componenti dell’ufficio per il processo siano chiamati a scrivere le minute delle sentenze, poiché a nostro avviso è solo il Giudice che può formare il proprio convincimento sull’attività istruttoria da egli, e solo da egli, acquisita.
Ed abbiamo visto, da ultimo, introdurre una grave eccezione al sistema delle incompatibilità delineato dagli artt. 18 e 19 legge forense, su cui mi sento di condividere le posizioni dei nostri organi di rappresentanza politica, istituzionale e previdenziale e che, inammissibilmente, ha visto la luce solo dopo la chiusura dei termini per la presentazione delle domande di ammissione.
In altri termini, chi – nel rispetto delle previsioni di legge – non aveva presentato domanda per evitare di chiedere la cancellazione dall’albo è oggi discriminato e privato di una possibilità che avrebbe certamente colto.
Siamo certi, signor Ministro, della bontà delle intenzioni che hanno animato la predisposizione del testo della riforma, ma non siamo affatto certi che questa possa portare risultati soddisfacenti alla soluzione delle risalenti problematiche da cui è affetto il nostro sistema giudiziario.
La verità è che siamo assolutamente convinti che l’unica vera riforma della giustizia non passi per l’ufficio per il processo, né per gli interventi sul rito e la procedura, sia nel processo penale che in quello civile.
L’unica vera riforma di cui la giustizia ha bisogno, come Lei sa, è quella finalizzata a restituire dignità, decoro ed efficienza ad una macchina che, purtroppo, ha perso di credibilità agli occhi non solo degli addetti ai lavori, ma soprattutto dei cittadini, di quei cittadini in nome dei quali la giustizia è esercitata.
Ed allora, basterebbe porre laica attenzione a ciò che non va nella giustizia italiana, ed indirizzare solo in tal senso gli interventi riformatori: assenza di strutture, di infrastrutture, di un sufficiente numero di magistrati e personale amministrativo.
Solo intervenendo su queste macroscopiche disfunzioni sarà possibile avvicinarsi a quei risultati che non solo l’Europa, ma prima di tutto il paese chiede alla politica.
Raddoppiare il numero dei magistrati, primo passaggio che sarebbe naturale in ogni altro paese che dovesse trovarsi nelle condizioni italiane, costerebbe circa 600 milioni di € l’anno, una inezia rispetto ai 2 punti percentuali di PIL che la lentezza della macchina giudiziaria costa all’economia italiana.
E’ frequente, poi, la destinazione del magistrato giudicante ad altra sede, con immaginabili ricadute sulla celerità dei processi, sul principio di immediatezza, sulla stessa continuità che dovrebbe caratterizzare la funzione del giudicare.
E’ necessario intervenire sulle piante organiche, spesso non proporzionate alle reali esigenze dei circondari ed alla stessa composizione dei magistrati che ne fanno parte.
Serve intervenire sulle infrastrutture, soprattutto tecniche: abbiamo 4 diversi sistemi di accesso telematico alla giustizia, PCT, PAT, PTT, PST, con caratteristiche tecniche ingiustificatamente diverse e tali da rendere veramente complicata l’attività degli operatori, degli Avvocati.
E poi, c’è il problema dell’edilizia giudiziaria: a Palermo, sig. Ministro, a causa di ben note e risalenti problematiche strutturali, l’ufficio Unep e le sezioni lavoro ed esecuzioni del Tribunale sono in corso di trasferimento in altra parte della città.
Le ricadute di tutto questo, in termini di difficoltà degli spostamenti, inconciliabilità di diversi impegni professionali, gravosità degli adempimenti, non fanno che complicare una situazione già assai grave.
E nel nulla è caduta la voce, rivolta soprattutto al Ministero, degli Avvocati di questo distretto, che chiedevano quantomeno il mantenimento dell’unicità delle sedi giurisdizionali.
In alcuni circondari del nostro distretto, i palazzi sono a dir poco fatiscenti, e manca una vera e propria cittadella giudiziaria.
La situazione degli altri uffici giudiziari non è, comunque, ideale: spazi limitati e ristretti, condizioni di sicurezza non sempre garantite, riscaldamenti e aria condizionata assenti, ciò che con un clima come il nostro, ci creda, rende per un consistente periodo dell’anno veramente difficile svolgere la propria attività professionale in modo accettabile.
Bisogna intervenire sul sistema del patrocinio a spese dello Stato, che mortifica il professionista retribuendolo non solo in misura assai inferiore ai compensi previsti con D.M. e per espressa previsione di Legge, ma soprattutto retribuendolo dopo anni dalla fine del processo.
In quest’ottica, sig. Ministro, il timore è che la riforma dell’ufficio per il processo, aldilà delle intenzioni, piuttosto che risolvere o quantomeno attenuare le problematiche di cui sopra, acuisca ed evidenzi il malfunzionamento di questo sistema.
Serviranno spazi, servirà formazione, servirà coordinamento, servirà tempo.
Quel tempo che non abbiamo più per metter mano, definitivamente, ad un problema che mette in crisi la stessa democraticità del sistema paese ed il rispetto, la tutela, dei diritti di tutti.
Perché noi Avvocati siamo convinti, sig. Ministro, che se la giustizia è solo veloce, ma non anche giusta, non è giustizia.
Non è più funzione, ma mero servizio.
Ogni riforma del processo, o della organizzazione del processo, che si ponga quale unico fine la velocizzazione senza puntare realmente all’aspetto qualitativo non serve affatto a dare una risposta più veloce alle esigenze del cittadino: serve a semplificare il lavoro del magistrato, a snellire l’arretrato, a migliorare le performance di produttività.
E’ corretto agevolare il lavoro, così delicato, del giudice, così come è doveroso smaltire l’arretrato.
Ma il fine deve rimanere la ricerca della giustizia, attività che richiede tempo e modi, studio e abnegazione, senza che tale attività possa essere frazionata in capo a più componenti di uno staff perché, alla fine, il compito di decidere deve essere inteso unitariamente.
Noi speriamo, con la massima sincerità, che le nostre preoccupazioni non divengano realtà, perché coltiviamo tutti la speranza di risolvere, una volta per tutte, i mali della giustizia.
Ciò che le chiediamo, signor ministro, è di non sacrificare il fine della giustizia sull’altare del tempo e della velocità.
Fare il contrario, purtroppo, segnerebbe sempre più il passaggio da una giustizia più vicina al vero ad una giustizia il cui esito può essere quanto più lontano dal vero possa immaginarsi.
E vorremmo un’ultima cosa, che la sua presenza qui oggi ci fa sperare possa avvenire nell’immediato futuro: che non solo i più alti accademici, spesso così avulsi dalla realtà giudiziaria, ma soprattutto tutti gli operatori del sistema giustizia, a partire dagli avvocati reali, dei nostri fori, che vivono le aule di Tribunale, vengano realmente coinvolti nei meccanismi decisionali che portano alla elaborazione delle riforme, perché solo partendo dall’esperienza concreta può essere compiuto lo sforzo di astrazione necessario per la formulazione di una riforma della giustizia non solo condivisa ma, soprattutto, efficace.
L’Avvocatura ha accolto molto favorevolmente il cambio di passo rispetto alla precedente compagine Ministeriale (che, peraltro, al suo più alto livello aveva un Avvocato), ed altrettanto favorevolmente vorremmo che tutta l’Avvocatura partecipasse alle riforme, così accogliendole.
Facciamo in modo che ciò avvenga, Sig. Ministro: ripensiamo alle conseguenze pratiche delle riforme, e facciamolo con chi solca quotidianamente i corridoi dei Tribunali.
RingraziandoLa per l’attenzione che, ne sono certo, porgerà alle nostre osservazioni, Le porgo i più sinceri auguri di buon lavoro a nome mio e di tutti gli ordini del distretto di Palermo.

28/10/2021

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22/08/2020

SOLTANTO SAMURAI❤️

Qualche regola di Galateo forense
(Avv. Aurelio Di Rella Tomasi di Lampedusa)

Queste considerazioni sono dedicate ai giovani che vogliono conoscere quell'insieme di regole alle quali si attenevano gli avvocati, regole, tipiche del ceto forense, che si apprendono seguendo l'esempio di chi le applica, e che non sempre sono conoscibili a causa della penuria di Maestri.

E' connaturata a tutti gli esseri umani (fanno eccezione coloro nei quali l'individualismo è così esasperato da sconfinare nell'anarchia e nell'asocialità) la spinta ad identificarsi nel gruppo di appartenenza adottandone regole di comportamento e stili di vita.
L'osservanza ed il rispetto delle forme tipiche di una classe, di una categoria, di una etnia, di un qualsivoglia raggruppamento umano sono segni distintivi e rafforzano, nel bene e nel male, lo spirito identitario e il senso di appartenenza.

Se è normale che gli iscritti in larga parte si adeguino ai modelli comportamentali della generalità l'inosservanza dei quali caratterizza i bifolchi, gli Avvocati, quelli a cui compete la A maiuscola, i signori della professione, si distinguono per alcune "finezze" che presuppongono che la fase dell'apprendimento sia stata svolta in scuole di antico lignaggio.

Le regole dell'avvocatura genovese, in larga parte comuni al resto d'Italia spaziano dalla corrispondenza all'uso del telefono, dagli incontri tra avvocati al comportamento in udienza.

E' cortese manoscrivere una comunicazione (fax e posta normale) che non sia relativa a rapporti professionali ma tratti questioni personali.

I dattiloscritti vanno intestati “illustrissimo” o “pregiatissimo” (scrivere “colendissimo” è troppo affettato) oppure “gentile” se è destinataria un'avvocata; il nome e il cognome del mittente in calce, dove viene apposta la firma, non vanno preceduti da "avv." e non é elegante cancellare avv. dopo averlo fatto scrivere.
La prima volta che si ha occasione di scrivere ad un avvocato non conosciuto è cortese far precedere i saluti dalla frase “lieto dell'incontro professionale”.
Se con il Collega si hanno buoni rapporti è opportuno scrivere di pugno una parola di saluto e prima del testo, sempre di pugno, “caro Tizio”.

A Genova l'invio di raccomandata ad un Collega è stato sempre ritenuto offensivo perché presuppone sfiducia nel destinatario; ove sia assolutamente necessaria (quando?) la raccomandata è sempre consigliabile scusarsi in qualche credibile modo.
Sull'uso del telefono il mio Maestro, sin dai primi giorni, mi invitò a non chiamare gli avvocati tramite la segretaria in quanto, se lo avessi fatto, avrei commesso una mancanza di riguardo e di rispetto.

Se avessi fatto pratica presso qualche buzzurro che, ritenendosi troppo importante ed impegnato non perde tempo a telefonare personalmente, avrei forse ritenuto normale comportarmi allo stesso modo. Invece – avendo avuto l'esempio e l'insegnamento di tre eminenti Maestri Luca ed Enrico Ciurlo e Alfredo Biondi – ho sempre chiamato personalmente non solo i Colleghi (nel senso etimologico del termine: lego cum) ma anche i semplici iscritti all'albo, ai quali spetta – anche se con loro non "lego" - il titolo di avvocato perché hanno superato l'esame ed è stata deliberata la loro iscrizione.

E se eccezionalmente, trovando sempre occupato, prego la mia segretaria di comporre il numero le do disposizioni di passarmi la comunicazione appena la linea è libera o, al più tardi, quando la segretaria risponde pronto.

Dovrebbe essere facile per chiunque rendersi conto che chi ha programmato di chiamare il Collega, che potrebbe essere impegnato, deve stare in attesa che venga passata la linea.
Sino agli anni ottanta un solo iscritto all'albo, mio coetaneo (E.D.), mi faceva chiamare dalla segretaria; il suo Dominus molto autorevole e di me di gran lunga più anziano mi chiamava personalmente.

Altre regole sono connesse all'uso del telefono.

Bisogna sempre riscontrare una telefonata richiamando appena possibile; se telefona un Collega e l'Avvocato non può essere distratto la segretaria deve essere istruita a dire che è fuori studio e se le è mancata la prontezza di accampare la scusa, deve dire che l'avvocato non risponde al telefono interno perché in riunione o sull'altra linea.

Sarà ipocrita ma è buona creanza come dare il buongiorno nelle scale incontrando un vicino al quale si farebbe volentieri una pernacchia.
Quando sono necessari incontri per trattare pratiche l'avvocato più giovane si reca dal più anziano; se non vi è stacco generazionale l'avvocato del debitore va da quello del creditore.

Anche se la pretesa di parità ha creato guasti irreparabili tenere conto del sesso prima che dell'età è atto da gentiluomo.

E' segno distintivo di appartenenza a vecchia scuola non lasciare il Collega al di là della propria scrivania ed è opportuno sedersi dalla sua parte per conferire in modo meno formale; se è più autorevole o più anziano è atto di doverosa deferenza.

In udienza penale chi ha motivi di fretta deve chiedere il consenso ai Colleghi presenti prima di formulare la propria istanza al giudice; non è solo problema di buona creanza ma è anche opportuno per evitare che, messo di fronte a più richieste confliggenti, il giudice, decida di attenersi al ruolo d'udienza: gli avvocati possono, invece, alla luce dei diversi impegni concordare le priorità.

Bisogna ricordare che l'udienza è pubblica e che non è né dignitoso né opportuno né qualificante trasformare l'aula in un mercato, accalcandosi intorno alla cattedra del giudice.
L'avvocato deve stare al suo posto, accostarsi solo per produrre documenti o per mostrarli al giudice sempre chiedendo l'autorizzazione ad avvicinarsi.

Sarebbe superfluo dire, se non vi fossero ormai molti scostumati, che il posto a sedere deve essere lasciato alle donne ed agli anziani, e, soprattutto, che non si possono occupare tre posti con la cartella e il soprabito.

L'uso della toga nelle udienze pubbliche in Tribunale è imposto dalla legge, che qualifica illecito disciplinare il non indossarla. E' deprecabile che i giudici non ne impongano sempre l'uso, anche in occasione delle cosiddette udienze filtro.

Gli avvocati dovrebbero volerla indossare come simbolo e bandiera ricordando che forma e sostanza sono un connubio quasi indissolubile e che, così come appare meno marziale il soldato che non indossa la divisa, appare meno autorevole l'avvocato senza toga che si confonde con imputati e testi. Quando si deve chiedere un rinvio o uno slittamento di orario è necessario avvertire i Colleghi.

Ovviamente ho fatto riferimento solo alle regole di galateo essendo evidente che devono sempre essere rispettate le leggi e le norme deontologiche.

Avv. Aurelio Di Rella Tomasi di Lampedusa

Parlateci di Bibbiano! Di tutti quei bambini che purtroppo non sono stati tolti alle “famiglie” ... quelle “naturali”!
20/08/2020

Parlateci di Bibbiano! Di tutti quei bambini che purtroppo non sono stati tolti alle “famiglie” ... quelle “naturali”!

Ciao Ivan, ucciso di botte perché piangeva...

Sarebbe stato il “silenzio-connivenza” e la “tolleranza” di uno stile di vita aggressivo, da “padre-padrone”, a portare al fermo della 23enne madre del bambino di 21 mesi morto, secondo l’accusa, nell’ospedale di Modica per postumi da lesioni.

A procurargliele, sostiene la Procura di Siracusa titolare dell’inchiesta, sarebbe stato il convivente della donna, un 32enne, che non è il padre naturale del bambino e che era stato fermato ieri sera dalla polizia per gli stessi reati contestati alla madre: maltrattamenti in famiglia e omicidio. L’uomo è stato portato nel carcere di Siracusa.

Non sarebbe stata la prima volta, hanno ricostruito le indagini della polizia, che il piccolo subiva violenza fisica dal ‘patrigno’. Che in passato, in altri contesti, era stato già denunciato per maltrattamenti in famiglia. L’uomo si sarebbe più volte lamentano perché non sopportava i suoi continui pianti e per questo, sostiene l’accusa, lo scuoteva e lo picchiava

16/08/2020
Interessante decisione - che farà discutere - del GdP di Frosinone
12/08/2020

Interessante decisione - che farà discutere - del GdP di Frosinone

Lockdown incostituzionale per il giudice di pace di Frosinone che annulla la sanzione comminata ad un cittadino per violazione dell'obbligo di stare a casa, senza dover neppure rinviare la questione alla Consulta. Infatti, è il ragionamento del Gdp, siccome le restrizioni sono state imposte con un ...

Accoglimento da parte del Tribunale di Bari di istanza di sospensiva in ricorso contro inammissibilità di domanda reiter...
13/07/2020

Accoglimento da parte del Tribunale di Bari di istanza di sospensiva in ricorso contro inammissibilità di domanda reiterata .... sostanzialmente fondata su “covid”!

07/07/2020

Nelle controversie civili udienze online e trattazione scritta sono prorogate fino al 31 ottobre per gli strascichi della pandemia da nuovo Coronavirus....

Accoglimento sospensiva a seguito di ricorso in Cassazione
01/06/2020

Accoglimento sospensiva a seguito di ricorso in Cassazione

29/05/2020

Risvolti penali e processuali della sanatoria prevista dall’art. 103 del D.L n. 34/2020.

15/05/2020

L'impegno di una catena di solidarietà ha permesso di preprare e consegnare in giornate di servizio 1850 pacchi alimentari per le famiglie di Parma.

15/05/2020

"RELAUNCHING” DECREE OF 13/05/2020, ART. 110 BIS
SO-CALLED "AMNESTY"

In an attempt to provide the clarifications that are requested from numerous foreign citizens, I have tried to summarize in a very concise way how much more useful it can be for those wishing to take advantage of the so-called "amnesty", both as an employer and as a worker.
WHAT ARE THE WORK SECTORS FOR WHICH THE "AMNESTY" IS WORTH
The "amnesty" applies to the following business sectors:
a) agriculture, livestock and animal husbandry, fishing and aquaculture and related activities; b) assistance to the per-son for themselves or for members of their family, even if they do not live together, suffering from pathologies or handicaps that limit their selfsufficiency; c) domestic work to support family needs.
WHO CAN BENEFIT FROM IT:
a) EMPLOYERS WHO CAN SUBMIT THE APPLICATION
Italian citizens or citizens of a member state of the European Union; foreigners in possession of the residence permit referred to in art. 9 Legislative Decree 25/07/1998 n. 286 (residence card) may apply to conclude a subordinate employment contract with foreign nationals present on the national territory or declare the existence of an irregular employment relationship still in progress with Italian or foreign nationals [(so-called regularization) WHO CAN BE RECRUITED OR REGULARIZED] present on the national territory or to declare the existence of an irregular employment relationship, still in progress, with Italian citizens or foreign citizens. For this purpose, foreign citizens must have undergone photodactyloscopic surveys before March 8, 2020 or must have stayed in Italy previously on the aforementioned date, pursuant to the declaration of presence, made pursuant to law May 28, 2007, no. 68; in both cases, foreign citizens must not have left the national territory since 8 March 2020.
b) WORKERS WHO CAN SUBMIT THE APPLICATION
For the same purposes, to establish a new employment contract or to regularize an existing one, foreign citizens, with a residence permit expired on 31 October 2019, not renewed or converted into another residence permit, can request a temporary residence permit, valid only in the national territory, lasting six months from the submission of the application. To this purpose, the aforementioned citizens must be present on the national territory on 8 March 2020, without having left the same date, and must have carried out work activities, in the sectors a) agriculture, livestock and animal husbandry, fishing and aquaculture and related activities; b) assistance to the person for them-selves or for members of their family, even if they are not living together, suffering from pathologies or handicaps that limit their self-sufficiency; c) domestic work to support family needs, prior to 31 October 2019. If within the term of the temporary residence permit, the citizen exhibits a sub-ordinate employment contract or the remuneration and social security documentation proving the performance of the work in accordance to the provisions of the law in the sectors referred to in paragraph 3, the permit is converted into a residence permit for work reasons.
WHEN THE APPLICATION CAN BE FORMULATED
The application can be submitted from 01 June 2020 and no later than 15 July 2020. The methods will be established by subsequent decree which will also indicate the methods by which the worker must demonstrate that he has already previously carried out a job in the sectors affected by the amnesty and the income limits that allow it.
WHERE THE APPLICATION MUST BE SUBMITTED
The application can be submitted:
- to INPS;
- at the onestop shop for immigration
- at the police headquarters where residence permits are issued
HOW MUCH IT WILL COST TO SUBMIT THE APPLICATION
If the application is submitted by the employer, the latter must pay a contribution of € 400.00
If the application is submitted by the worker, the latter must pay a contribution of € 160.00
THOSE WHO CANNOT SUBMIT THE APPLICATION
a) REASONS FOR EXCLUSION FOR THE EMPLOYER:
Anyone who has reported a conviction in the last five years, even with a non-definitive sentence and also following a plea bargain for the offenses of aiding illegal immigration; exploitation of prostitution, exploitation of minors to be employed in illegal activities; brokerage and labor exploitation;
b) REASONS FOR EXCLUSION FOR FOREIGN CITIZENS
Those who have received an expulsion order will not be able to ask the question; those who have been reported for the purpose of refusing entry into Italian territory, those who have also been sentenced with a nondefinitive sentence for the following crimes: those provided for in art. 380 of the Italian Criminal Code; for crimes against personal freedom; drug offenses; crimes involving the facilitation of illegal immigration; crimes related to the recruitment of people to be engaged in prostitution or minors to engage in illegal activities; people considered a threat to public order.
WHAT HAPPENS IF FALSE DECLARATIONS OR FALSE DOCUMENTATION ARE PRESENTED
Whoever presents false documentation or makes false declarations will be punished according to the penal code. If the offense is committed through the counterfeiting or al-teration of documents or with the use of one of these documents, the penalty of imprisonment of one to six years applies. The penalty is increased up to a third if the fact is committed by a public official.

PLEASE NOTE
The above information is not exhaustive but only a summary of the provisions of DPCM 13/05/2020, ART. 110 bis.

DECRETO “RILANCIO” DEL 13/05/2020 ART. 110 BIS
COSIDDETTA “SANATORIA”

Nel tentativo di fornire i chiarimenti che mi vengono richiesti da numerosi cittadini stranieri, ho cercato di riassumere in modo molto sintetico quanto possa essere più utile per chi volesse pensare di usufruire della cosiddetta “sanatoria”, sia come datore di lavoro che come lavoratore.
QUALI SONO I SETTORI DI LAVORO PER I QUALI VALE LA “SANATORIA”
La “sanatoria” si applica ai seguenti settori di attività:
a) agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attività connesse; b) assistenza alla persona per sè stessi o per componenti della propria famiglia, ancorchè non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l’autosufficienza; c) lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.
CHI NE PUO’ USUFRUIRE:
a) I DATORI DI LAVORO CHE POTRANNO PRESENTARE LA DOMANDA
I cittadini italiani o cittadini di uno stato membro dell’Unione Europea; gli stranieri in possesso del titolo di soggiorno di cui all’art. 9 Decreto legislativo 25/07/1998 n. 286 (carta di soggiorno) possono possono presentare istanza per concludere contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale oppure dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare tuttora in corso con cittadini italiani o stranieri [(c.d. regolarizzazione) CHI PUO’ ESSERE ASSUNTO O REGOLARIZZATO] presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri. A tal fine, i cittadini stranieri devono essere stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici prima dell’8 marzo 2020 ovvero devono aver soggiornato in Italia precedentemente alla suddetta data, in forza della dichiarazione di presenza, resa ai sensi della legge 28 maggio 2007, n. 68; in entrambi i casi, i cittadini stranieri non devono aver lasciato il territorio nazionale dall’8 marzo 2020.
b) I LAVORATORI CHE POTRANNO PRESENTARE LA DOMANDA
Sempre per instaurare un nuovo contratto di lavoro o per regolarizzarne uno in essere, i cittadini stranieri, con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019, non rinnovato o convertito in altro titolo di soggiorno, possono richiedere, un permesso di soggiorno temporaneo, valido solo nel territorio nazionale, della durata di mesi sei dalla presentazione dell’istanza. A tal fine, i predetti cittadini devono risultare presenti sul territorio nazionale alla data dell’8 marzo 2020, senza che se ne siano allontanati dalla medesima data, e devono aver svolto attività di lavoro, nei settori a) agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attività connesse; b) assistenza alla persona per se stessi o per componenti della propria famiglia, ancorchè non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l’autosufficienza; c) lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare, antecedentemente al 31 ottobre 2019. Se nel termine della durata del permesso di soggiorno temporaneo, il cittadino esibisce un contratto di lavoro subordinato ovvero la documentazione retributiva e previdenziale comprovante lo svolgimento dell’attività lavorativa in conformità alle previsioni di legge nei settori di cui al comma 3, il permesso viene convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
QUANDO SI POTRA' FORMULARE LA DOMANDA
La domanda potrà essere presentata dal 01 giugno 2020 e non oltre il 15 luglio 2020. Le modalità verranno stabilite con successivo decreto in cui verranno indicate anche le modalità con le quali il lavoratore dovrà dimostrare di aver già svolto in precedenza un lavoro nei settori interessati dalla sanatoria ed i limiti di reddito che la consentono.
DOVE DOVRA’ ESSERE PRESENTATA LA DOMANDA
La domanda potrà essere presentata:
- all’INPS;
- allo sportello unico immigrazione
- presso la Questura dove vengono rilasciati i permessi di soggiorno
QUANTO COSTERA’ PRESENTARE LA DOMANDA
Se la domanda verrà presentata dal datore di lavoro questi dovrà versare un contributo di € 400,00
Se la domanda verrà presentata dal lavoratore questi dovrà versare un contributo di € 160,00
CHI NON POTRA’ PRESENTARE LA DOMANDA
a) CAUSE DI ESCLUSIONE PER IL DATORE DI LAVORO:
chi abbia riportato una condanna negli ultimi cinque anni, anche con sentenza non definitiva ed anche a seguito di patteggiamento per i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; sfruttamento della prostituzione, sfruttamento di minori da impiegare in attività illecite; intermediazione e sfruttamento del lavoro;
b) CAUSE DI ESCLUSIONE PER I CITTADINI STRANIERI
Non potrà fare la domanda chi ha ricevuto un provvedimento di espulsione; chi è stato segnalato ai fini della non ammissione nel territorio italiano, chi è stato condannato anche con sentenza non definitiva per i seguenti reati: quelli previsti nell’art. 380 c.p.p.; per delitti contro la libertà personale; reati inerenti gli stupefacenti; reati inerenti il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; reati inerenti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o minori da impegnare in attività illecite; persone considerate una minaccia per l’ordine pubblico.
COSA ACCADE SE SI PRESENTANO FALSE DICHIARAZIONI O DOCUMENTAZIONE FALSA
Chi presentasse documentazione falsa o rilasciasse false dichiarazioni verrà punito ai ai sensi del codice penale. Se il fatto è commesso attraverso la contraffazione o l’alterazione di documenti oppure con l’utilizzazione di uno di tali documenti, si applica la pena della reclusione da uno a sei anni. La pena è aumentata fino ad un terzo se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale.

NOTA BENE
Le informazioni di cui sopra non sono esaustive ma solo una sintesi di quanto previsto nel DPCM 13/05/2020, ART. 110 bis.

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Parma
43021

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