Avvocato Domenico Bucciarelli - Criminologia e Psicologia Forense

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Avvocato Domenico Bucciarelli - Criminologia e Psicologia Forense Criminologia Foresnse - Psicologia Giuridica Civile e Penale - Consultant

L'avvocato Domenico Bucciarelli, dopo decenni di attività forense in materia civile e penale. ha ripreso la vecchia passione per la Criminologia e la Psicologia Forense, svolgendo attività di consulenza gratuita. Ha conseguito altresì la laurea in Scienza della Comunicazione e Counseling motivazionale e relazionale. E' stato Procuratore Federale per Sport Paralimpico e membro della Corte Federale

di Appello Sport Paralimpico (a contratto). Ha frequentato il Master Biennale in Psicologia e Criminologia Forense presso l'Università di Urbino (votazione 110/110). Ha frequentato il Master Biennale in Psicologia Giuridica Civile e Penale presso l'Istituto Skinner in Roma (votazione 110/110 con lode).

La riapertura del caso e le motivazioni nel Processo per la strage di Erba . Le convinzioni di Tarfuser In data 12 april...
16/04/2025

La riapertura del caso e le motivazioni nel Processo per la strage di Erba . Le convinzioni di Tarfuser
In data 12 aprile 2023 il sostituto procuratore Cuno Tarfusser chiede di riaprire il caso, motivando tale richiesta in un documento di 58 pagine.
Alla base della decisione del sostituto procuratore Tarfusser vi sarebbe una nuova versione dei fatti prospettata dall'avvocato dei coniugi, Fabio Schembri, avvalorata da diversi elementi di prova, tra cui: le intercettazioni ambientali di quando Frigerio era in ospedale (mai entrate nel procedimento), gli audio ei video prodotti prima della confessione della coppia, e la relazione di un genetista secondo cui la traccia ematica individuata sul battitacco dell'auto di Olindo Romano sarebbe stata una “suggerimento ottico” e non una traccia di sangue della Cherubini.
Secondo l'avvocato, le ragioni della strage vanno ricercate in un regolamento di conti nel mondo dello spaccio.

Il sostituto procuratore ha quindi esaminato le tre prove cardine alla base della condanna dei coniugi, evidenziandone le criticità, a partire dalla testimonianza di Frigerio. Infatti, a giudizio di Schembri e del sostituto procuratore, la testimonianza di Frigerio, centrale nella prova della colpevolezza dei coniugi, non può essere considerata attendibile: i dati clinici acquisiti dopo il 2010 dimostrano che Frigerio “sviluppò, a seguito dell'aggressione, una disfunzione cognitiva provocata da intossicazione da monossido di carbonio, arresto cardiaco, shock emorragico e lesioni cerebrali focali”. Inoltre, proprio Frigerio, inizialmente aveva parlato di uno sconosciuto dalla pelle olivastra , mentre in un secondo momento aveva individuato Olindo come suo aggressore. Per Tarfusser tali elementi hanno determinato “un complessivo scadimento delle funzioni cognitive necessarie a rendere valida testimonianza”.
Con riguardo alla macchia di sangue della Cherubini trovata sul battitacco dell'auto di Olindo, secondo il sostituto procuratore “le caratteristiche della traccia ematica, così come rilevate in sede di analisi, non risultano conciliabili con quanto sarebbe lecito attendersi a seguito delle precedenti operazioni di prelievo eseguite”. Infatti, tali operazioni risulterebbero carenti circa il rispetto di comuni parametri di attendibilità e verificabilità scientifica.
Questo potrebbe portare ad una serie di domande in termini di genuinità sia delle attività compiute, che degli atti redatti, che non possono rimanere senza risposta. In particolare, ci si chiede perché tale accertamento, potenzialmente decisivo, sia stato svolto a 15 giorni di distanza da un solo brigadiere dei Carabinieri e non dagli specialisti del RIS che si trovavano già sul posto ed erano muniti della strumentazione tecnica adeguata.
Correlato: L'evoluzione del confine tra il reato di maltrattamenti in famiglia e il reato di atti persecutori aggravati da relazione affettiva
La conclusione a cui è giunto il sostituto procuratore è che la coppia sarebbe vittima di un terribile errore giudiziario. Tale considerazione ha destato indignazione nei fratelli delle vittime, Pietro e Giuseppe Castagna, che si dicono increduli.

Strage Erba, Cassazione conferma censura Tarfusser. Lui: "Rifarei tutto, ho applicato la legge"Ricorso dichiarato inammi...
16/04/2025

Strage Erba, Cassazione conferma censura Tarfusser. Lui: "Rifarei tutto, ho applicato la legge"
Ricorso dichiarato inammissibile. L'ex magistrato sanzionato lo scorso anno per aver violato il progetto organizzativo del suo ufficio per le modalità con cui ha proposto la richiesta di revisione del processo
Richiesta di revisione del processo per la strage di Erba, le Sezioni Unite della Cassazione hanno dichiarato inammissibile il ricorso presentato da Cuno Tarfusser, ex sostituto pg di Milano, sanzionato con la censura lo scorso anno dalla Sezione Disciplinare del Csm per avere violato il progetto organizzativo del suo ufficio per le modalità con cui ha proposto la richiesta.
l Procuratore Generale, nella propria memoria, ha chiesto di dichiararsi cessata la materia del contendere, poiché Tarfusser è in pensione dallo scorso agosto mentre la difesa ha insistito per la decisione nel merito del ricorso, “per l'interesse di natura morale all'esclusione degli addebiti e in considerazione dell'elevata carriera, immune da addebiti disciplinari, svolta anche in ambito internazionale”. I supremi giudici con la sentenza depositata nei giorni scorsi hanno dichiarato inammissibile il ricorso per cessazione della materia del contendere in ragione dell’estinzione del procedimento disciplinare.

“Nella specie la condotta per la quale Tarfusser è stato ritenuto responsabile dalla Sezione disciplinare si connota per una particolare gravità, consistente - si legge nella sentenza - nell'avere trattato il procedimento di revisione della sentenza penale di condanna di Olindo Romano e Rosa Angela Bazzi in carenza di delega da parte dell'Avvocato generale e del Procuratore generale presso la Corte d'appello di Milano, in aperta violazione del documento organizzativo dell'Ufficio e, inoltre, senza informare in alcun modo i vertici della Procura generale presso la Corte d'appello di Milano di avere intrattenuto contatti con i difensori dei prevenuti sin dall'ottobre dell'anno 2022, ricevendo direttamente dagli stessi avvocati documenti e perizie e determinandosi tardivamente, soltanto in data 24/03/2023, a chiedere un colloquio al Procuratore generale per il 31/03/2023, incontro non verificatosi per concomitanti impegni sia del Sostituto procuratore che del Capo dell'ufficio. Pur in assenza di un qualsiasi riscontro favorevole al proprio operato Tarfusser procedeva, quindi, in data 31/03/2023 a depositare l'istanza di revisione nella segreteria della suddetta Procura generale e soltanto successivamente, nel corso dello stesso giorno, informava di quanto fatto l'Avvocato generale delegato per le istanze di revisione”.
Tarfusser: "Da Cassazione una 'non decisione', rifarei tutto"
"Non mi pento neanche di un millimetro - dice Tarfusser all'Adnkronos - Rifarei tutto uguale, sono convinto di quello che ho fatto: ho applicato la legge e se in questo Paese applicare la legge non va bene allora forse ho sbagliato mestiere e sono contento di essere fuori da questo sistema".
Il sostituto procuratore Cuno Tarfusser aveva chiesto di riaprire il caso sulla strage di Erba. A suo giudizio, infatti, Rosa Bazzi e Olindo Romano, condannati in via definitiva all'ergastolo per la strage di Erba, sono innocenti. La coppia sarebbe vittima di un terribile errore giudiziario .
I giudici "si sono rifiutati di decidere dichiarando il ricorso inammissibile - sottolinea Tarfusser - Il mio ricorso non è stato respinto, hanno semplicemente detto 'è andato in pensione quindi non ha più interesse e non decido'. Si tratta quindi di una non decisione, una sorta di Ponzio Pilato che si lava le mani. Io non sono omologato alle correnti e quindi vado punito ed è in questo senso che leggo questa decisione".
Siamo davanti, forse, al perpetrarsi di uno dei più gravi errori giudiziari italiani. Quasi tutti gli esperti che hanno lavorato e studiato il caso, ne sono oramai convinti.
Si tratta (il delitto di Erba, ndr), di un caso di grande portata, dove ci sono state valutazioni giudiziarie e tecnico-scientifiche importanti. "Le conseguenze di un ribaltamento dimostrerebbero che il sistema giudiziario, così per come è, evidentemente, non è in grado di scongiurare errori di questa portata. Non riesco a immaginare con assoluta precisione quelli che potrebbero essere gli sviluppi di questa storia. Ma è chiaro quantomeno che ci sarebbe l’amara scoperta dell’innocenza di due persone detenute ingiustamente per 18 anni".

11/01/2025
Amnesia e crimine violento: vi è correlazione tra i due fattori?Da ciò che sappiamo, le ricerche sul rapporto tra amnesi...
24/12/2024

Amnesia e crimine violento: vi è correlazione tra i due fattori?

Da ciò che sappiamo, le ricerche sul rapporto tra amnesia e crimine violento si sono spesso dedicate allo studio dei fenomeni dissociativi nelle vittime e/o nei testimoni di un crimine, ma raramente si è andata a studiare l’insorgenza di tale fenomeno negli autori di reato. Tuttavia, diversi studi riportati in letteratura fanno emergere la natura traumatica di un crimine, al fine di spiegare la perdita di memoria in presenza di un reato violento, suggerendo che un offender in stato di intesa attivazione emotiva, contestuale e conseguente al delitto commesso, potrebbe presentare una totale o parziale perdita di memoria tale da inficiare il ricordo del crimine (Hopwood & Snell, 1933).
In relazione a quanto appena rappresentato, emergono i concetti di amnesia dissociativa e red-out.

Amnesia dissociativa e red-out
L’amnesia dissociativa, definita anche “amnesia psicogena” o “amnesia funzionale”, viene descritta come l’incapacità di rievocare importanti informazioni autobiografiche del soggetto, che siano esse di natura traumatica e/o stressogena. L’amnesia dissociativa si distingue nettamente da quella conseguente a un danno neurobiologico in quanto sarebbe potenzialmente reversibile. Nel panorama dei crimini violenti, questo tipo di amnesia, solitamente, ha un esordio improvviso ed è caratterizzata da un ricordo vago e confuso degli eventi direttamente collegati al reato (Bradford & Smith, 1979). L’amnesia dissociativa emerge in contesti caratterizzati da emozioni estreme e violente, in cui la vittima ha un rapporto di conoscenza intima con l’aggressore e in cui viene meno una vera e propria pianificazione del crimine (Kopelman, 1995; Loewenstein, 1991). In tali casi, l’aggressore, a seguito di una provocazione psicologicamente intesa, sia essa reale o immaginata, entrerebbe in uno stato dissociativo in cui la coscienza è solo parzialmente conservata. In tal caso, il soggetto sarebbe vittima di comportamenti automatici, come se, traumatizzato dal proprio stato emotivo, commettesse il crimine in uno stato di incoscienza (Merckelbach & Christianson, 2007).
L’amnesia, dunque, rappresenterebbe il risultato dell’interferenza che lo stato dissociativo esercita sui processi di codifica e immagazzinamento delle informazioni traumatiche. Dunque, è come se l’esperienza del crimine venisse immagazzinata mentre il soggetto sta vivendo un’emozione assai intensa. Ciò comporta che quando quest’ultimo riprende consapevolezza, avrà difficoltà a far riemergere il ricordo del crimine appena commesso a causa dell’incoerenza emotiva tra il momento dell’immagazzinamento nella memoria e quello di recupero dell’informazione (Spitzer, Barnow, Freyberger, et al, 2006; Holmes, Brown, Mansell et al, 2005; Allen, Console & Lewis, 1999).
Passando invece al concetto di red-out, lo stesso viene spesso utilizzato per descrivere un’amnesia come conseguenza di significativi stati emotivi (Swihart, Yuille & Porter, 1999). Con questo termine si fa riferimento a quella condizione di rabbia estrema, spesso riscontrabile nelle violenze domestiche o nei crimini passionali (Dutton, Fehr & McEwen’s, 1982).
Il fenomeno del red-out è caratterizzato da:
un corretto funzionamento della memoria nel rievocare gli eventi immediatamente precedenti e successivi al fatto;
un elevato livello di rabbia associato all’episodio delittuoso;
una lacuna mnestica riferita al momento specifico del fatto;
l’assenza di cause organiche, come l’intossicazione da droghe o alcol, che potrebbero scatenare l’amnesia.

Il delitto di Cogne: simulazione o realtà?
Il delitto di Cogne, avvenuto il 30 gennaio 2002, è divenuto sin da subito un caso mediatico molto discusso. Ripercorrendo brevemente la vicenda, in una cittadina della Valle d’Aosta, Cogne, il piccolo Samuele Lorenzi, di appena tre anni, viene ucciso in modo efferato nella sua casa. A trovare il ca****re del bambino, colpito alla testa con estrema violenza, è la madre, Annamaria Franzoni. Quest’ultima verrà accusata e, in seguito, condannata in via definitiva dalla Corte di Cassazione, a sedici anni di carcere. La donna si è sempre professata innocente.
Il caso è stato caratterizzato da numerose perizie psichiatriche effettuate sulla Franzoni. Per una di esse, il quesito del giudice fu il seguente: “accertare se la donna avesse in memoria l’omicidio del figlio Samuele come fatto riconducibile ad una sua azione”. Per rispondere a tale quesito, i periti fecero ricorso all’Autobiographical Implicit Association Test (a-IAT), ovvero uno strumento che permette di verificare la veridicità di un evento autobiografico, indagando solo ciò che il cervello ricorda come vero e non la verità assoluta (Sartori, 2015). La relazione peritale descrisse quanto segue: “ha un ricordo autobiografico chiaro dei fatti relativi all’omicidio ed esso corrisponde alla verbalizzazione ripetutamente fornita nel corso del processo. Dunque, nel momento in cui è stato somministrato il test, la ricostruzione dei fatti dell’omicidio fissata nella memoria di Annamaria Franzoni, in base alle risultanze di tali test, è effettivamente quella che ha raccontato nel corso del processo” (Trib. Torino, ud. 19 aprile 2011, Franzoni e altro, Est. Arata)[1].
Secondo la perizia, quindi, il racconto dalla Franzoni in relazione ai fatti risulterebbe una genuina esposizione di quanto la stessa ricorda essere accaduto quella mattina. Tuttavia, i dati del test non significano che la Franzoni sia innocente, ma che, probabilmente, la stessa ha semplicemente cancellato quel ricordo dalla sua memoria (Sartori, 2015).
Amnesia vera e simulata
Ciò che risulta molto complesso è distinguere la tipologia di amnesia trattata fino ad ora da un’amnesia simulata. Talvolta, infatti, si riscontra questa tipologia di amnesia in relazione ad atteggiamenti messi in atto da un soggetto al fine di trarne vantaggio in sede processuale.
Nonostante il progresso nella messa a punto di nuovi strumenti psicologici di indagine del ricordo, risulta tutt’oggi difficile dimostrare la presenza di una reale amnesia dissociativa, anche se sappiamo che esistono varie tipologie di amnesia dissociativa che possono insorgere, in determinati casi, anche nell’offender. In sostanza, i test adottati in sede peritale assumono il semplice ruolo di “indicatori” di amnesia, lasciando il campo ad una certa discrezionalità nella valutazione del caso al perito e, di conseguenza, al giudice.
Martina Penazzo in Psicologia forense · Mercoledì 22 Nov 2023

22/11/2024

PSICOLOGIA DIGITALE – (Nr. 62) Il senso comune dell’intelligenza artificiale

Il senso comune è un concetto ampio e dai contorni sfumati; potremmo definirlo la capacità di orientarsi in diverse situazioni, di risolvere problemi, di prendere decisioni e agire in modo ragionevole, coerente e logico in base al contesto. È ciò che per noi umani viene ritenuto comunemente qualcosa di “ovvio”. Si dice infatti che qualcuno “non ha buon senso” quando commette errori o fa scelte che la maggior parte di noi non farebbe. Il buon senso rappresenta l’insieme di conoscenze implicite, intuitive e comunemente riconosciute in un determinato ambiente. Ma come nasce questa competenza? È frutto dell’esperienza diretta: non si tratta di logica astratta o di nozioni apprese, bensì di una consapevolezza che si sviluppa nel quotidiano; è il vivere che ci permette di formare e allenare questa capacità (Davis, 2023).
L’intelligenza artificiale riesce a replicare, oltre a linguaggio e altre capacità umane, anche questa? Potrebbe essere indubbiamente utile se così fosse: per esempio, un chatbot per il servizio clienti dotato di ‘buon senso sociale’ potrebbe dedurre da segnali impliciti che un utente si sente frustrato e agire di conseguenza e in modo appropriato. Al momento, però, l’intelligenza artificiale non sembra proprio dotata di buon senso.

STATE OF MINDOltre lo stereotipo: capire il narcisismo e i suoi aspetti nascosti“Narcisista” è un termine che ultimament...
08/11/2024

STATE OF MIND
Oltre lo stereotipo: capire il narcisismo e i suoi aspetti nascosti

“Narcisista” è un termine che ultimamente ha guadagnato una certa popolarità nel linguaggio comune, anche grazie a social network come Instagram e TikTok, dove spopolano video di mental coach, psicologi o psicoterapeuti che rivelano, ad esempio, “i cinque step per disarmare un narcisista”.
Il “narcisista” ha dunque assunto nell’immaginario comune il ruolo del cattivo: autostima ipertrofica, incapacità di provare affetto, manipolazione e, per certi versi, sadismo.
Chi è invece il “narcisista” nell’universo psicologico? Per prima cosa, è bene specificare che il narcisismo è una dimensione, uno spettro. Ha i suoi lati positivi, come l’amor proprio o la spinta all’autorealizzazione, ma comincia a prendere una piega oscura quando l’individuo si concentra troppo su se stesso per confermare ad ogni costo l’immagine grandiosa e vincente di sé che ha in testa. In tal modo, si rischia di perdere di vista altri aspetti importanti della vita, tra cui le relazioni interpersonali. Fanno così capolino l’egocentrismo, l’immaturità emotiva, la tendenza a colpevolizzare gli altri (anziché prendersi le proprie responsabilità), la svalutazione e, nei casi più estremi, la manipolazione dell’altro.
Si parla di disturbo narcisistico di personalità quando i tratti narcisistici di un individuo diventano pervasivi al punto da costituire un ostacolo nel suo funzionamento quotidiano, provocando sofferenza psicologica intensa. Stereotipicamente si pensa che il narcisista si creda “chissà chi”, quando in verità la sua autostima è molto instabile. Anzi, l’idea gloriosa di sé che continua a proporsi nella mente non è altro che un tentativo di soluzione di un problema che lo terrorizza: una voragine di fragilità che non sa come sanare (American Psychiatric Association, 2022). Alla luce di tali considerazioni, è possibile confutare il luogo comune che considera il narcisista come individuo sinceramente persuaso della propria superiorità rispetto agli altri. Inoltre, l’aspetto abusante, machiavellico e manipolatorio è caratteristico solo di alcuni tipi di narcisismo, e non costituisce un tratto universale.
Dunque, quando si parla di narcisismo non bisogna dimenticare che il narcisista è innanzitutto un individuo sofferente, che mette in atto meccanismi di adattamento o di difesa che hanno un grande costo per lui: quello di non potersi mai sentire veramente vicino a nessun altro essere umano.

Abuso narcisistico nelle relazioni
Ramani Durvāsulā, professoressa emerita di psicologia alla California State University di Los Angeles, definisce l’abuso narcisistico come un insieme di manipolazioni psicologiche, emotive, finanziarie o sessuali inflitte da un narcisista, a volte con controllo coercitivo o violenza fisica. Molte persone subiscono maltrattamenti nelle relazioni, ma si sostiene che, quando l’abusante è un narcisista, il livello di abuso sia più intenso, portando la vittima a sviluppare ipervigilanza, rimuginio, confusione, senso di colpa e dubbi su se stessa (Durvāsulā, 2024).
La comunità psicologica si domanda se l’abuso narcisistico non sia altro che un’erronea generalizzazione per condannare qualsiasi tipo di “cattivo” comportamento all’interno di una relazione, o se si tratti invece del cuore pulsante di relazioni incredibilmente manipolatorie da cui è difficile fuggire.
La Dr.ssa Fontes (Ellin, 2024), psicologa esperta in controllo coercitivo, violenza domestica e sessuale e abuso infantile, si domanda che senso abbia chiamare l’abuso interpersonale “abuso narcisistico”. Perché non chiamarlo semplicemente abuso? O controllo coercitivo? O molestia sessuale sul posto di lavoro?
In un articolo del Washington Post (Ellin, 2024), viene riportata la storia di Faith C. Echo, una donna vittima di un partner abusante. Il suo ex compagno controllava ogni suo movimento, installando videocamere e leggendo i suoi messaggi senza consenso. Sebbene questi comportamenti possano sembrare quelli di un narcisista, alcuni psicologi, come la Dr.ssa Fontes, si chiedono se tali azioni non possano essere semplicemente classificate come abuso, senza la necessità di attribuire una patologia specifica all’abusante.
Su questa linea il Dott. Gabriele Caselli, professore di psicologia presso la Sigmund Freud University di Milano e direttore scientifico di inTHERAPY, condivide una riflessione: se in una relazione veniamo sempre criticati, maltrattati e sminuiti, il primo problema che abbiamo è quello. Certo, il nostro partner potrebbe comportarsi così con noi per via di un processo narcisistico, ma anche di uno ossessivo-compulsivo di personalità. Perciò, il focus non dovrebbe essere etichettare l’altro, ma capire se l’altro, in questo caso il narcisista, è in grado di dialogare con noi per analizzare ciò che non va e impegnarsi a migliorare, o se il suo unico obiettivo è dimostrarci che ha ragione a trattarci male (Servizi Clinici Universitari, 2021).
In una relazione abusiva, pertanto, la priorità per la vittima dovrebbe essere ripristinare il proprio benessere e la propria sicurezza, indipendentemente dalla personalità o dalle caratteristiche dell’abusante. Concentrarsi sul narcisismo come spiegazione dell’abuso non cambierà il suo impatto su chi lo subisce. L’abuso resta abuso, e la vittima merita supporto e protezione, al di là delle diagnosi.

Omicidio D'AlfonsoAppuntato dell'Arma dei Carabinieri di Penne (PE), fu ferito il 5 giugno 1975 in uno scontro a fuoco c...
30/10/2024

Omicidio D'Alfonso
Appuntato dell'Arma dei Carabinieri di Penne (PE), fu ferito il 5 giugno 1975 in uno scontro a fuoco con alcuni brigatisti che tenevano prigioniero l'industriale Vittorio Gancia, il giorno successivo al suo rapimento. Muore in ospedale a 45 anni alcuni giorni dopo, lasciando la moglie e tre figli.
È stato insignito della medaglia d’argento al Valor Militare "alla memoria" in data 28 aprile 1976 e medaglia d'oro di vittima del terrorismo.
La caserma della Stazione dei Carabinieri di San Valentino in Abruzzo Citeriore è a lui intitolata.

Il gup di Torino ha rinviato a giudizio gli ex capi storici delle Br, Mario Moretti e Renato Curcio, e l'allora militante Lauro Azzolini

19/09/2024

SEXTING E CRIMINI
Il termine sexting deriva dall’inglese ed è composto da due parole, “sex” e “texting” (cioè “sesso” e “messaggiare”). Con queste parole si intende per lo più lo scambio messaggi, audio, immagini o video - specialmente attraverso smartphone o chat di social network - a sfondo sessuale o sessualmente espliciti, comprese immagini di nudi o seminudi.
Quando si perde il controllo delle immagini prodotte, la loro diffusione su web e social network è difficilmente gestibile. In questo caso non si parla più di sexting ma di diffusione illecita di immagini intime o di “sextortion” e cyberbullismo (cioè la minaccia di diffusione del materiale foto/video, sempre con l’obiettivo di ledere la reputazione della persone ritratta).
Anche quando non c’è intenzione di danneggiare l’altra persone né di commettere un abuso online (come nei casi del revenge p**n o della sextortion), non è escluso che i comportamenti tipici del sexting possano configurare reati connessi con la pedop**nografia. Secondo il nostro ordinamento il materiale scambiato in forma di sexting si declina come pedop**nografico, quando se ne perde il controllo.

Il fenomeno del sexting: una rassegna sui fattori precursori e sulle conseguenze in età adolescenziale di Lorenza Di Pentima (Uniroma) Rassegna Italiana di Criminologia ANNO XVIII N.2 2024

"Conclusioni"
All’interno del quadro di indagini empiriche, prese in con-siderazione in questa rassegna sul tema del sexting in età adolescenziale, è apparso importante operare una distinzione netta andando ad esplorare i precursori del sexting, ovvero i fattori di rischio, che peraltro possono avere evoluzioni psicopatologiche ancora più severe, dagli effetti riscontrabili nei giovani che vengono indotti a condividere contenuti intimi, oppure i cui sext sono diffusi in rete senza il loro consenso. L’importanza di tali studi si evince nel fatto che mettono in luce indicatori per lo più comportamentali, che, se rilevati in età adolescenziale, possono consentire l’attuazione di programmi di intervento precoci. Le ricerche sono concordi nel sollecitare l’attenzione di genitori, insegnanti, operatori della salute mentale in merito alla prevenzione di evoluzioni psicopatologiche qualora si denotino negli adolescenti comportamenti che evincono la presenza di disagi emotivi. Appare allora fondamentale implementare interventi conoscitivi e formativi all’interno delle scuole destinati non solo ai giovani, ma anche ai loro adulti di riferimento. Come abbiamo visto, difatti, alcune ricerche giungono a concludere che comportamenti di sexting associati a condotte a rischio sono meno presenti negli adolescenti che sono maggiormente seguiti dalle figure genitoriali o comunque da adulti all’interno del contesto familiare. Peraltro si evince dagli studi descritti la necessità di personale formato (insegnanti, psicologi, educatori) che possano fornire un sostegno psicologico alle vittime del sexting non consensuale.

Revisione del processo: il caso della strage di ErbaOlindo Romano e Rosa Bazzi sono stati condannati in via definitiva a...
14/08/2024

Revisione del processo: il caso della strage di Erba
Olindo Romano e Rosa Bazzi sono stati condannati in via definitiva all’ergastolo per la strage di Erba, avvenuta il 12 dicembre 2006. Il delitto, che ha causato la morte di quattro persone, ha suscitato grande scalpore mediatico e ha portato a una serie di controversie, ancora oggi irrisolte.
Avverso la sentenza pronunciata di rigetto dalla Corte di Appello di Brescia, i difensori dei signori Bazzi e Romano, una volta letta la motivazione del provvedimento, potranno proporre Ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 640 c.p.p. .
Ad ogni modo, non sarà pregiudicato il diritto dei sigg.ri Bazzi e Romano di riproporre una nuova revisione.
Infatti, l’art. 641 del codice di rito dispone come “l’ordinanza che dichiara inammissibile la richiesta o la sentenza che la rigetta non pregiudica il diritto di presentare una nuova richiesta fondata su elementi diversi“.
La richiesta di revisione, presentata dal sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser, era fondata su alcuni importanti motivi: la mancanza di prove solide a carico dei coniugi Romano, il riconoscimento dell’unico superstite, Mario Frigerio, contestato dalla difesa, che ha sostenuto che sia stato frutto di un falso ricordo indotto dagli inquirenti, la macchia di sangue di Valeria Cherubini rinvenuta sull’auto di Olindo Romano contestata dalla difesa, che ha sostenuto che possa essere stata contaminata, le confessioni dei coniugi Romano sono state contestate dalla difesa, che ha sostenuto che siano state indotte dagli inquirenti.

Processo Gambirasio - accertamento tecnico ripetibile - nullitàVoglio discostarmi dall'agone mediatico di uno dei proces...
23/07/2024

Processo Gambirasio - accertamento tecnico ripetibile - nullità

Voglio discostarmi dall'agone mediatico di uno dei processi più seguiti nella storia italiana, sia per l'efferatezza del crimine e sia per il morboso interesse suscitato dalla triste vicenda.
Ripugna la coscienza di tutti che, ad esempio, la prima volta che si parla di OMICIDIO Gambirasio, lo si fa in un programma domenicale di intrattenimento di Licia Colò. Fu così che la mamma di Yara ne ebbe notizia.
Qui vorrei fare cenno, malgrado l'argomento richieda tomi di argomentazioni, all'accertamento tecnico ripetibile e il diritto alla prova.
Infatti, le censure a cura della difesa del Bossetti sono (giustamente a parere di chi scrive) fondate sulla violazione del PRINCIPIO DEL GIUSTO PROCESSO, nella parte in cui è stabilito che LA PROVA è utilizzabile dal giudice per fondare la propria decisione SOLO se assunta in contraddittorio tra le parti.
La difesa ha basato parte della impugnazione della sentenza di condanna, sul fatto che il test del DNA, prova fondamentale e posta a base dell'intera motivazione, è stato introdotto in dibattimento come accertamento tecnico NON RIPETIBILE.
Eppure l'art. 111 Cost. chiaramente stabilisce il principio del contradditorio alla base della decisione e l'imputato deve essere messo nella condizione di poter spiegare la propria difesa.
Peraltro, tutta la giurisprudenza della Consulta è orientata in tal senso, salvo alcune eccezioni come il mancato consenso dell'imputato (si sottrae ad esempio con un patteggiamento), o per accertata impossibilità oggettiva (intercettazioni) o per effetto di condotte illecite.
Ai sensi del 360 c.p.p., in caso di atti irripetibili che sono destinati ad acquisire valore probatorio nel successivo giudizio, ai sensi del comma 1, il pubblico ministero deve avvisare, senza ritardo, l'indagato, la persona offesa e i rispettivi difensori.
Ai sensi dell'art 360 c. 1 c.p.p. l'accertamento tecnico irripetibile è tale quando riguarda persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione (es. l'esame balistico). L'atto è irripetibile dunque quando non si può rinviare perché non sarebbe possibile effettuarlo in condizione omogenee in dibattimento.
Il vero problema consiste nel definire ben l'ambito di cosa intende il legislatore per "atto non ripetibile". E la lettura non può che essere restrittiva ("tutte quelle prove che in una successiva assunzione non assicurerebbe la genuinità dell'elemento" (Cass. pen, sez. un., n. 41281/2006).
Nel caso Bossetti, il Prof. Casari (consulente del PM) ha espressamente affermato circa la ripetibilità del test del DNA effettuato e, stante anche le "originali" modalità di raccolta, la violazione al principio del contraddittorio e di quelli che ne derivano, SONO SUSSISTENTI.
Ricordo che sul punto, pende ricorso avanti la Corte di Strasburgo, sperando si faccia chiarezza sulla questione.
(fonti: riviste di settore - archivio Cassazione - etc.)
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ART. 360 – CODICE DI PROCEDURA PENALE
Accertamenti tecnici non ripetibili
Articolo 360 - codice di procedura penale
1. Quando gli accertamenti previsti dall’art. 359 riguardano persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione, il pubblico ministero avvisa, senza ritardo, la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa dal reato (90) e i difensori (96, 101) del giorno, dell’ora e del luogo fissati per il conferimento dell’incarico e della facoltà di nominare consulenti tecnici (233; att. 117).
2. Si applicano le disposizioni dell’art. 364 comma 2.
3. I difensori nonché i consulenti tecnici eventualmente nominati hanno diritto di assistere al conferimento dell’incarico, di partecipare agli accertamenti e di formulare osservazioni e riserve.
3-bis. Il pubblico ministero può autorizzare la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa dal reato, i difensori e i consulenti tecnici eventualmente nominati, che ne facciano richiesta, a partecipare a distanza al conferimento dell’incarico o agli accertamenti. (3)
4. Qualora, prima del conferimento dell’incarico, la persona sottoposta alle indagini formuli riserva di promuovere incidente probatorio (392, 393), il pubblico ministero dispone che non si proceda agli accertamenti salvo che questi, se differiti, non possano più essere utilmente compiuti.
4 bis. La riserva di cui al comma 4 perde efficacia e non può essere ulteriormente formulata se la richiesta di incidente probatorio non è proposta entro il termine di dieci giorni dalla formulazione della riserva stessa (1).
5. Fuori del caso di inefficacia della riserva di incidente probatorio previsto dal comma 4 bis, (2) se il pubblico ministero, malgrado l’espressa riserva formulata dalla persona sottoposta alle indagini e pur non sussistendo le condizioni indicate nell’ultima parte del comma 4, ha ugualmente disposto di procedere agli accertamenti, i relativi risultati non possono essere utilizzati nel dibattimento (431, lett. c); att. 116, 117, 240 bis).

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Chieti
66100

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