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Metodo Legale - Commercialisti ed Avvocati d'impresa Avvocati specialisti nella difesa verso Banche e Fisco.

- Legge 3/2012
- Ristrutturazione debiti
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💵  Basta non versare € 5.000,00 di Iva o di contributi previdenziali per dichiarare la crisi d’impresa. E per rischiare ...
21/09/2024

💵 Basta non versare € 5.000,00 di Iva o di contributi previdenziali per dichiarare la crisi d’impresa. E per rischiare la Bancarotta ⚠️

Bisognerebbe cominciare a prendere estremamente sul serio le attuali norme sulla crisi d’impresa. Il rischio è, altrimenti, quello di subire – senza averne la preparazione per farlo - gravi conseguenze anche dal punto di vista penale.

Una delle problematiche più insidiose, ad esempio, è quella di cui all’art. 25-novies CCII.

Secondo tale disposizione, a partire da gennaio 2022, è per le imprese sufficiente arretrarsi di soli 5mila euro nel pagamento dell’IVA (o di 5mila euro di contributi previdenziali per le imprese senza dipendenti; di 15mila per quelle con dipendenti) per ricevere da parte di Agenzia delle Entrate e INPS segnalazioni di ritardo nei pagamenti.

Cosa implica tutto ciò?

Implica che, a seguito di tali segnalazioni, l’impresa è da ritenersi “ufficialmente” in crisi.

Pertanto, in tali circostanze, se l’imprenditore non si mette subito in regola (pagando il dovuto) oppure non si attiva per gestire la situazione attraverso uno degli strumenti di risoluzione della crisi, saranno per lui guai piuttosto seri.

L’imprenditore, ad esempio, potrà essere chiamato – in caso di aggravamento, in un momento successivo, della crisi - a rispondere del reato di Bancarotta semplice, ai sensi dell’art. 323 CCII, avendo egli compiuto “operazioni di grave imprudenza per ritardare l'apertura della liquidazione giudiziale” e/o avendo “aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione di apertura della propria liquidazione giudiziale o con altra grave colpa”.
In tal caso potrà essere punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni.

Non affrontare per tempo i problemi significa, in definitiva, creare una zavorra che impedirà all'impresa di gestire successivamente la situazione di crisi o di insolvenza.
In altre parole, rimandare la "medicina" significa, per molti, condannarsi al fallimento in un futuro potenzialmente molto vicino.

Se è vero quanto finora detto (e quanto detto è solo la punta dell’iceberg), appare piuttosto curiosa l’indifferenza con cui la maggior parte degli imprenditori e dei professionisti si approccia a tali problematiche.

Sembra quasi che tutto sia destinato a rimanere inerte e che ogni errore o negligenza rimarranno comunque impuniti.

Sfortunatamente, troppo spesso non si percepisce come negli ultimi 2 o 3 anni ci sia stata una vera e propria rivoluzione nel mondo delle imprese e nel rapporto di queste con il debito, soprattutto con quello di tipo tributario.

Ancora magari non si percepiscono pienamente gli effetti di tale rivoluzione, ma ciò è solo a causa di alcune vischiosità del sistema giuridico e amministrativo, il quale ha bisogno di tempo per adattarsi alle novità.

Sarebbe però il caso che imprenditori e professionisti si mettessero presto al passo coi tempi, per non rischiare di ve**re travolti quando le novità normative andranno a regime.

🚜  Sull'indebitamento delle imprese agricole e su come uscirne  🚜Molte, troppe, imprese agricole si trovano a vivere una...
17/09/2024

🚜 Sull'indebitamento delle imprese agricole e su come uscirne 🚜

Molte, troppe, imprese agricole si trovano a vivere una situazione estremamente difficile da anni.

La redditività della produzione è ai minimi termini, con guadagni quasi sempre di pochi centesimi sui prodotti, se non addirittura in perdita.

Una grossa responsabilità per quanto detto è della grande distribuzione la quale, da un lato, impone ai produttori pagamenti irrisori e, dall’altro, rivende al pubblico a prezzi fortemente gonfiati.

In altre parole, i venditori finali (fra cui i supermercati) sfruttano il loro potere distributivo a discapito dei produttori.
Questi ultimi, molto spesso, per rimanere competitivi sul mercato e per poter comunque rientrare dei costi, finiscono per arretrarsi soprattutto nel pagamento di imposte e contributi previdenziali.

A tutto ciò si unisce la concorrenza, spesso sleale, dei produttori esteri; l’aumento del prezzo di carburanti, concimi e materie prime; il costo del lavoro degli operai; le calamità naturali.
Tutto questo e molto altro rendono sempre più antieconomica l'attività degli imprenditori agricoli.

È pertanto esperienza assai diffusa quella del sovraindebitamento delle imprese agricole.

Anche aziende di piccole o di medie dimensioni hanno frequentemente accumulato centinaia di migliaia di debiti con Agenzia delle Entrate, INAIL e, soprattutto, con INPS, perlopiù a causa del mancato versamento dei contributi previdenziali in favore dei lavoratori.

Ciò detto, è vero che fino a non molto tempo fa le imprese di questo tipo non potevano contare su alcuna valida soluzione giuridica, dovendosi in qualche modo rassegnare ad un debito impossibile da risanare.

Oggi però esistono diversi strumenti giuridici per risolvere le gravi situazioni delle aziende agricole, con la possibilità di stralcio – anche molto consistente – dei debiti con INPS, INAIL e Agenzia delle Entrate.

Infatti, la transazione tributaria è praticabile anche per le imprese non commerciali quali, appunto, quelle agricole.

Gli strumenti utilizzabili, in particolare, sono diversi:
▪️ Il concordato minore;
▪️ la liquidazione controllata;
▪️ la composizione negoziata della crisi.

Quest’ultima soluzione è peraltro una novità assoluta, che entrerà in vigore con la prossima riforma al Codice della crisi prevista per i prossimi giorni.
Grazie ad essa si potrà ottenere uno stralcio del debito tributario senza passare da un tribunale, attraverso una pratica presso la Camera di Commercio.

L’Ordinamento giuridico prevede dunque diverse opzioni per risanare i debiti tributari, ciò anche per soggetti che fino a non molto tempo fa erano completamente trascurati dalla legge.

Vi è però un lato negativo (o, perlomeno, rischioso laddove sottovalutato): la legge tollererà sempre meno l’inerzia delle imprese che si trovano in una situazione di sovraindebitamento.

Queste, se non si attivano tempestivamente per gestire la propria situazione di crisi o di insolvenza - in tal modo aggravando la propria condizione - potranno essere soggette ad azioni di responsabilità sia civile che penale.

È dunque responsabilità dell’imprenditore quella di fare tutto ciò che è nelle sue possibilità per emergere dalla situazione di crisi e risolvere quindi i propri debiti, tributari e non solo.

👨‍💼 I commercialisti salveranno il mondo 🌎. Forse  Ne siamo sicuri, i commercialisti salveranno il mondo (perlomeno quel...
14/09/2024

👨‍💼 I commercialisti salveranno il mondo 🌎. Forse

Ne siamo sicuri, i commercialisti salveranno il mondo (perlomeno quello delle imprese, e non è poco), ma a una condizione: che tornino quanto prima alla loro vera vocazione, cioè essere consulenti e alleati degli imprenditori.

Sfortunatamente, troppo spesso, il commercialista medio è – suo malgrado - un funzionario, a partita iva, dell'Agenzia delle Entrate.

Volendo parafrasare John Lennon, la vita del commercialista medio è ciò che gli accade fra un adempimento fiscale e l’altro. Il che significa, dato il diluvio di adempimenti che affliggono il sistema tributario italiano, che il commercialista medio non ha vita o quasi.

Ovviamente, le prime vittime di tale situazione sono proprio i consulenti fiscali, i quali vedono brutalmente sminuiti il loro ruolo e la loro immagine.

Le vittime numero due sono gli imprenditori, i quali finiscono per considerare il proprio consulente come il portavoce di Agenzia delle Entrate, soprattutto per ciò che riguarda le cattive notizie.

In alcuni casi, l’imprenditore – soprattutto all’inizio della propria attività – si illude che il commercialista sarà il suo consulente strategico e che dunque gli indicherà le scelte organizzative e operative migliori per poter ottimizzare gli investimenti e magari per risparmiare lecitamente sulle imposte.

Tali aspettative si scontrano ben presto con la triste verità: l’obiettivo principale del commercialista medio è quello di rifuggire come la peste ogni possibile contestazione da parte di Agenzia delle Entrate, evitando problemi per sé e per i clienti.

Non ci sarebbe nulla di male in questo, non fosse che, nella realtà quotidiana, ciò significa quasi sempre andare incontro alle aspettative del fisco e non assumersi alcun rischio.

A dire il vero c’è un’altra, e ancora più grave, ricaduta in tale approccio: la MEDIOCRITA'.
Sia il commercialista che l’imprenditore si limitano a “galleggiare”, a sopravvivere, a non scuotere troppo la routine; decidono, più o meno consapevolmente, di non crescere troppo perché con la crescita aumenteranno responsabilità, costi e tasse.

E allora tanto vale rimanere piccoli, magari integrando le entrate ufficiali con un po’ di “nero”.

Di chi è la colpa di quanto detto?

Certamente è colpa di tutti i soggetti coinvolti che giocano a ribasso e che si accontentano di compromessi: dunque, in primis, dei commercialisti che accettano incarichi in maniera indifferenziata da tutte le aziende possibili (“basta che respirino”) per non perdere nessuna occasione e che così appiattiscono verso il basso il proprio livello di assistenza, fornendo a tutte le aziende lo stesso livello di servizio mediocre.

Ma è ovviamente anche colpa degli imprenditori, i quali si fanno pregare per consegnare i documenti richiesti, usano la cassa dell’azienda a loro piacimento, come se il denaro dell’impresa fosse roba loro e non, appunto, dell’impresa; decidono di sopravvivere grazie alle entrate “in nero”, falsando così i bilanci.

Ecco, questo tipo di imprenditori, i quali magari pensano di pagare il commercialista con pochi spicci (se possibile in ritardo), sono quanto di peggio possa capitare a un commercialista preparato e perbene.

Detto questo, lunga vita ai commercialisti, nella speranza che – per il bene di tutti - possano tornare quanto prima alla loro vocazione di consulenti di serie A.

❓ Cosa fare se ti notificano un'istanza di liquidazione giudiziale (ovvero di fallimento) 〽️Liquidazione giudiziale è il...
13/09/2024

❓ Cosa fare se ti notificano un'istanza di liquidazione giudiziale (ovvero di fallimento) 〽️

Liquidazione giudiziale è il nuovo appellativo con il quale il Codice della crisi ha ribattezzato l'istituto del "fallimento", così definito, per quasi un secolo, fino a luglio 2022.

Ciò detto, è bene chiarire sin da subito che né condoni, né ricorsi tributari fatti a casaccio, né altre scorciatoie sono in grado di salvare l’impresa dal fallimento.

Non la salverà certamente neppure l'inerzia, il non fare niente.

Né il fatto che l’impresa sia stata costituita come S.R.L. metterà l'imprenditore al sicuro sul piano personale. Infatti, una volta avviata la procedura di liquidazione giudiziale, egli rischia di essere chiamato a rispondere sia sul piano civile che su quello penale, per mala gestione, bancarotta, falso in bilancio, ecc.

Tutti questi problemi e queste minacce, tenuti per anni nascosti come polvere sotto al tappeto, possono dunque esplodere alla notifica di un ricorso per liquidazione giudiziale da parte di qualunque creditore, compresa Agenzia delle Entrate.

A quel punto tutto verrà messo in discussione. Interverrà il Pubblico Ministero, verrà nominato un Commissario Giudiziale, verranno quindi fatte le “radiografie” dell'azienda, per stabilire come è stata gestita negli ultimi anni e se ci sono i presupposti per revocatorie e azioni di responsabilità.

Si valuterà, inoltre, se i soci potranno essere chiamati a rispondere personalmente col proprio patrimonio personale dei debiti dell’azienda; tale eventualità risulta piuttosto comune quando i debiti sono tanti e il capitale aziendale appare inadeguato e mai reintegrato (cfr. art. 2484, comma 1, n. 4, cod. civ).

Lo spettro del fallimento torna così prepotentemente alla ribalta, nonostante i maquillage fatti negli ultimi anni all’istituto in questione.
Anzi, se possibile, è assai prevedibile che le procedure di liquidazione giudiziale avranno un forte incremento nel prossimo futuro, a causa delle ultime riforme e della crisi economica generale.

Che fare dunque in questi casi?

È impossibile rispondere in poche righe.

Basti però dire che, almeno fino alla prima udienza, esiste la possibilità di accedere a procedure alternative e a strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza diversi dalla liquidazione (cfr. art. 40, comma 10, CCII).

È in altre parole possibile, col necessario tempismo, scongiurare il fallimento e procedere a soluzioni concordate che possono, se ne ricorrono i presupposti, permettere all’impresa di gestire la crisi e di continuare la propria attività mentre vengono risanati i debiti.

Ovviamente ciò non esclude, in generale, che possano esservi azioni di responsabilità nei confronti dei soci. Queste però, normalmente, potranno essere affrontate e gestite molto meglio nel contesto di soluzioni alla crisi di tipo concordatario e negoziale.

⚠️ Attenzione dunque a non arrivare impreparati alla prima udienza. Potrebbe essere il punto di non ritorno.

⏸ Se hai ricevuto un'intimazione di pagamento o un altro atto di ADER (Agenzia delle Entrate Riscossione) fermati e cons...
11/09/2024

⏸ Se hai ricevuto un'intimazione di pagamento o un altro atto di ADER (Agenzia delle Entrate Riscossione) fermati e considera i seguenti punti.

Prima di impugnare gli atti notificati da ADER bisognerebbe conoscere questi dati:

1️⃣ Nelle liti tributarie il fisco vince 3 volte su 4 (fonte: Sole24Ore).

Le cause presso le Corti di Giustizia Tributarie raramente si concludono con una vittoria del contribuente e, in ogni caso, i giudizi possono durare – nei tre gradi di giudizio – anche più di 10 anni.

2️⃣ L’impugnazione degli atti tributari, pertanto, si rivela uno strumento di difesa spesso insufficiente o inadeguato, per diverse ragioni, fra cui:
a. incertezza dei risultati;
b. tempi lunghissimi per giungere a sentenza definitiva;
c. costi spesso proibitivi;
d. elevato rischio di perdita del giudizio;
e. possibilità, per Agenzia delle Entrate Riscossione, di procedere esecutivamente anche in corso di causa;
f. rischio di permanenza di situazioni di generale sovraindebitamento dell’impresa anche in caso di vittoria.

3️⃣ Negli ultimi anni si è inoltre ridotta fortemente ogni “valvola di sfogo”, per via giudiziaria, rispetto all’accumulo della debitoria tributaria. La finanziaria per il 2022, infatti, ha esplicitamente stabilito la non impugnabilità degli estratti di ruolo, ciò evidentemente al fine di abbattere il contenzioso tributario, divenuto ormai decisamente ingestibile.
La limitazione delle impugnazioni tramite l’estratto di ruolo di fatto rende molto più difficile, rispetto al passato, far annullare le cartelle di pagamento.

4️⃣ Tutti coloro i quali hanno richiesto rateizzazioni o rottamazioni dei debiti fiscali iscritti a ruolo (cioè assegnati al recupero da parte di ADER) hanno riconosciuto il proprio debito e interrotto i termini di prescrizione. Ciò significa che, per costoro, sarà ordinariamente impossibile contestare le cartelle esattoriali che li riguardano.

👉 Qualunque imprenditore con un debito molto elevato con fisco ed INPS dovrebbe conoscere questi dati e poi decidere consapevolmente come muoversi per risolvere le proprie problematiche finanziarie e debitorie.

La scelta di procedere dinanzi ai Giudici tributari andrebbe ben ponderata e molto spesso esclusa allorché le contestazioni dell'Agenzia riguardino debiti tributari ormai consolidati e iscritti a ruolo.

✌ La transazione tributaria e la logica del WIN-WIN ✌ Win-win è un'espressione inglese (traducibile come vincente-vincen...
10/09/2024

✌ La transazione tributaria e la logica del WIN-WIN ✌

Win-win è un'espressione inglese (traducibile come vincente-vincente, oppure io vinco-tu vinci) che indica la presenza di soli vincitori in una data situazione (fonte: Wikipedia).
In generale, si considera win-win una qualsiasi cosa che non scontenti o danneggi alcuno dei soggetti coinvolti.

Cosa c'entra questo con la transazione fiscale?
Tutto, o quasi.

In una procedura finalizzata alla transazione fiscale e contributiva, laddove l’obiettivo finale dell’impresa debitrice è quello di ottenere uno sconto, quanto più possibile sostanzioso, sui propri debiti tributari, la logica del win-win è fondamentale.

Nella proposta transattiva, infatti, tutto deve essere programmato per accontentare il più possibile tutti i soggetti coinvolti: l’imprenditore (ovviamente), ma anche il Fisco, l’INPS, l’INAIL, i lavoratori e, se possibile, l’intero sistema economico connesso all’impresa debitrice.

Non vi devono essere sconfitti in una proposta di transazione tributaria ben costruita, che abbia dunque buone possibilità di successo.

Occorre dunque dimostrare che qualunque altra alternativa rispetto alla transazione comporterebbe:
- minori entrate, sul lungo termine, per il fisco e per gli enti previdenziali;
- perdita di posti di lavoro e impoverimento delle famiglie dei lavoratori;
- indebolimento del tessuto economico ed imprenditoriale generale, con danni all’indotto e al sistema economico locale e non solo;
- perdita di competenze specialistiche.

Si noti che tutto è collegato: ad esempio, la perdita di posti di lavoro comporterà normalmente anche la riduzione di entrate fiscali e previdenziali a causa del mancato pagamento da parte degli ex lavoratori dei propri tributi e contributi.

Tali ragionamenti dovrebbero dunque essere analiticamente documentati all’interno di una proposta di transazione tributaria, cosa che molto spesso risulta invece carente, motivo per il quale molte proposte transattive vengono rigettate.

In linea generale può dirsi che il nuovo sistema tributario e il mondo del debito in generale ha da qualche tempo chiuso con la logica della contrapposizione frontale fra creditore (agenzia) e debitore (impresa) per rivolgersi verso una direzione di mediazione e di accordi finalizzati ad un interesse superiore.

Se tutto questo può apparire un po' troppo filosofico, ci si sbaglia.

Basti leggere in proposito le sentenze dei tribunali in materia di transazione fiscale. I giudici sono molto attenti a verificare che lo sconto tributario abbia un vero senso sul piano generale. Devono infatti avvantaggiarsi l'azienda, i lavoratori, l'indotto. Ma anche il fisco deve uscirne bene, meglio che se ci fosse la liquidazione dell'azienda. Si tratta dunque di trovare un delicato equilibrio fra tutti gli interessi in campo. Tanto più si riuscirà a rendere vittoriosi tutti, tanto maggiori saranno le possibilità di riuscita.

Infine, un altro elemento fondamentale in ogni ipotesi transattiva è quello della sostenibilità e dell'orientamento alla crescita. Le aziende più capaci di programmare il futuro saranno quelle con le maggiori possibilità di trovare le soluzioni più vantaggiose ottenendo l’appoggio dei tribunali e degli enti pubblici creditori.

Prima gli imprenditori e i consulenti comprenderanno tali dinamiche (all’interno delle quali non trovano spazio astuzie, “conoscenze” e scorciatoie) prima e meglio si potranno affrontare e risolvere i problemi delle aziende sovraindebitate.

🕵️‍♂️  I sorvegliati speciali del Fisco 2024-2025.Fatte (e fallite) le rottamazioni, rimanendo grossi deficit di cassa, ...
09/09/2024

🕵️‍♂️ I sorvegliati speciali del Fisco 2024-2025.

Fatte (e fallite) le rottamazioni, rimanendo grossi deficit di cassa, il Fisco affila le armi.

È quanto emerge dal Piano Controlli 2024 stilato da Agenzia delle Entrate, attuativo delle linee guida del Ministero dell’Economia.

Come si sa, Agenzia delle Entrate ha un accesso privilegiato ai dati bancari di privati ed imprese.
In altre parole, il Fisco conosce, di ciascuno, tutto ciò che riguarda i rapporti finanziari, i saldi banca, le movimentazioni dei conti corrente. Non solo. L’Agenzia tiene conto anche di ulteriori dati “paralleli” ritenuti indiziari di comportamenti evasivi.

L’Archivio dei rapporti finanziari è, dunque, la fonte principale da cui Agenzia delle Entrate attinge informazioni in base alle quali realizza liste selettive di controllo per i propri accertamenti fiscali.

Le anomalie dei conti e dei flussi finanziari sono infatti messi a setaccio di potenti software (denominati “Vera” e “Vear”) che costituiscono sistemi tecnologici “anti-evasione” ormai potentissimi.

I “sorvegliati speciali” per i prossimi mesi, le cui liste verranno poste sotto particolare osservazione da parte degli Uffici fiscali, sono dunque i seguenti:
✔️ Associazioni e società sportive dilettantistiche (ASD e SSD), società di persone e società di capitali con omessa dichiarazione o con incongruenze dichiarative.
✔️ Imprese e contribuenti beneficiari di credito d’imposta per:
▪️ ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e innovazione estetica;
▪️ investimenti nel Mezzogiorno;
▪️ sisma centro-Italia;
▪️ zone economiche speciali (ZES);
▪️ formazione 4.0; per beni strumentali 4.0, per i beni immateriali 4.0, per i beni immateriali standard;
▪️ rimanenze magazzino.
▪️ canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d'azienda.
✔️ Contribuenti che hanno fruito di aiuti di stato fiscali automatici per il periodo di imposta 2020, relativo al periodo Covid.
✔️ Imprese che risultano clienti di professionisti “attenzionati” da parte dell’Agenzia delle Entrate per il fatto di svolgere attività di consulenza sulle diverse misure agevolative, e che appaiono specializzati nella predisposizione di documentazione solo formalmente corretta al fine di dimostrare la spettanza di crediti d’imposta.

Gli accertamenti avranno ad oggetto soprattutto gli splafonamenti degli aiuti di stato e, come visto, tutti i crediti di imposta.
L’attività di controllo 2024-2025 da parte dell’Agenzia delle Entrate sarà finalizzata a intercettare fenomeni di sottofatturazione o non corretta contabilizzazione dei ricavi.

Interessante, soprattutto, il Piano Controlli nella parte in cui mette sotto osservazioni quelle imprese che si sono fatte assistere da consulenti considerati troppo “disinvolti” da parte dell’Agenzia delle Entrate. Probabilmente, fanno parte di questo tipo di consulenti molti di coloro che amano definirsi “escapologi fiscali” o che promettono risparmi di imposta attraverso mezzi e mezzucci ai limiti (spesso oltre i limiti) dell’elusione o dell’evasione fiscale.

Tali consulenti, a quanto pare, rischiano di trasferire la loro cattiva fama anche sulle imprese clienti, ponendole sotto osservazione speciale da parte del Fisco.

🏛  Evitare la revoca dei prestiti bancari e le segnalazioni “a sofferenza”, in caso di insolvenza, si può  🏛✅ Le Banche ...
06/09/2024

🏛 Evitare la revoca dei prestiti bancari e le segnalazioni “a sofferenza”, in caso di insolvenza, si può 🏛

✅ Le Banche hanno normalmente sulle imprese italiane (troppo spesso sottocapitalizzate) un’influenza determinante, potendo di fatto decidere sulla vita e sulla morte delle imprese stesse, attraverso la revoca dei fidi, il taglio delle linee di credito e le segnalazioni a «sofferenza».

Ciascuna di queste azioni è in grado, potenzialmente, di avere effetti devastanti sulla tenuta di attività economiche di ogni tipo.

Ebbene, le ultime riforme in tema di crisi d’impresa sono, in buona parte, indirizzate proprio a proteggere gli imprenditori dal giogo del potere finanziario sulle aziende.

✅ Ad esempio, un’importante garanzia recentemente introdotta dalla legge è quella prevista dall’articolo 12, comma 5, del Codice della crisi, il quale stabilisce per la prima volta che “La notizia dell'accesso alla composizione negoziata della crisi […] non costituiscono di per sé causa di sospensione e di revoca delle linee di credito concesse all'imprenditore né ragione di una diversa classificazione del credito”.

✅ In tale contesto, ogni eventuale iniziativa bancaria di segnalazione o di revoca delle linee di credito non può essere assunta in maniera autonoma e arbitraria.
In altre parole, non è possibile, da parte della banca, mettere l’imprenditore dinanzi al “fatto compiuto” della chiusura delle linee di credito o di altre iniziative lesive a suo carico.
Infatti, una volta che l'impresa abbia avviato la pratica di composizione negoziata della crisi, le banche – prima di avviare qualunque iniziativa in danno dell’azienda - devono preventivamente comunicare agli organi di amministrazione e controllo dell'impresa quelle che sono le ragioni della decisione assunta, tenendo peraltro conto del fatto che la prosecuzione del rapporto non è di per sé motivo di responsabilità della banca e dell'intermediario finanziario.

Esiste poi il tema, ampio e articolato, delle misure protettive del patrimonio, di cui certamente si parlerà in altri post.

✅ È qui sufficiente rilevare come obiettivo perseguito in maniera evidente dagli ultimi interventi legislativi è quello di agevolare in ogni modo la soluzione concordata delle situazioni di crisi e di insolvenza delle imprese.

La legge pone numerosi strumenti a disposizione degli imprenditori per risolvere i propri problemi, prima che la situazioni diventi ingestibile.

Numerose sono altresì le tutele per evitare che, nel corso delle trattative per il risanamento dei debiti, banche o altri creditori assumano iniziative (quali ad esempio i pignoramenti, chiusure di conti e fidi, segnalazioni varie) che possano compromettere la tenuta dell’impresa.

🤥  La storia dell'imprenditore buono che non era un buon imprenditore (con lieto fine 👦)  🟡  C'era una volta un imprendi...
05/09/2024

🤥 La storia dell'imprenditore buono che non era un buon imprenditore (con lieto fine 👦)

🟡 C'era una volta un imprenditore buono, che intendeva pagare i debiti del passato (frutto di “peccati di gioventù”, inesperienza e cattiva gestione pregressa).

A dirla proprio tutta, non sempre l'imprenditore era mosso da così buoni sentimenti. A volte, ciò che lo motivava non era tanto il sincero desiderio di pagare, fino all'ultimo centesimo, imposte e contributi scaduti, quanto, piuttosto, quello di evitare problemi per la propria azienda: pignoramenti, ipoteche, guai con le banche ecc.

Insomma, l'imprenditore era a volte più disperato che buono.

Sia come sia, l'imprenditore buono (e a volte disperato), per evitare situazioni spiacevoli, si barcamenava fra rateizzazioni e rottamazioni delle cartelle.
Oppure si rivolgeva ad un avvocato tributarista per tentare di cancellare il debito – in tutto o in parte - grazie alla contestazione di vizi formali delle cartelle e della prescrizione dei crediti.

L'intento era quello di ridurre effettivamente il debito, così da rimettersi in carreggiata, lavorare e far lavorare i propri dipendenti.

Ben presto però, dopo il pagamento delle prime rate della rottamazione, si accorgeva di non essere in grado di portarla a termine.
Oppure, nonostante l’impugnazione delle cartelle dinanzi al giudice tributario, scopriva - con grande disappunto - che i pignoramenti e la notifica di nuovi atti continuavano senza sosta.

Nel frattempo, l’azienda cominciava ad andare a rotoli:

- il DURC non in regola, a causa dell’arretrato nel pagamento dei contributi previdenziali, impediva all’imprenditore di partecipare ad appalti e a bandi pubblici;
- i pignoramenti sui conti corrente rendevano impossibile effettuare i pagamenti quotidiani;
- i pignoramenti presso terzi distruggevano il rapporto di fiducia con i clienti;
- fermi amministrativi e pignoramenti sui mezzi aziendali minavano l’operatività dell’azienda;
- le spese sempre maggiori per pagare professionisti e rate prosciugavano la cassa dell’impresa, che peggiorava ulteriormente il proprio indebitamento.

🔴 Oltre all’azienda, cominciavano inoltre a barcollare anche la lucidità, il coraggio e l’iniziativa dell’imprenditore, sempre più disperato e depresso.

Fare impresa in questo modo non aveva più nulla di bello o affascinante. Molto meglio sarebbe stato essere un dipendente di qualcun altro, perlomeno si sarebbe potuto dormire la notte.

🟢 La storia dell’imprenditore buono – che poi è la vicenda di tanti, troppi, imprenditori in Italia – poteva ancora avere un lieto fine. Molto dipendeva dalla decisione di diventare finalmente un buon imprenditore.

Ciò significava innanzitutto prendere consapevolezza che il problema dei debiti poteva essere risolto solo dopo una attenta disamina delle inefficienze dell’azienda; la preparazione di un piano di risanamento; la predisposizione di una proposta di transazione tributaria: tutto nel giusto ordine.

🔵 La prima lezione, però, che servì all’imprenditore per svegliarsi, fu che nessuno si salva da solo.

🟠 Dovendo scegliere, è meglio non arretrarsi con le nuove imposte oppure risolvere i vecchi debiti?La domanda non è così...
04/09/2024

🟠 Dovendo scegliere, è meglio non arretrarsi con le nuove imposte oppure risolvere i vecchi debiti?

La domanda non è così peregrina come potrebbe apparire di primo acchito.

Un consulente saggio, e il semplice buon senso, direbbero che è fondamentale non arretrarsi con il pagamento di imposte, contributi previdenziali, stipendi dei lavoratori e compensi dei fornitori. In caso contrario, si minerebbe la stabilità dell’azienda, a causa dell’esposizione alle azioni di recupero da parte dei creditori, dell’aggravio di sanzioni e interessi di mora, e della perdita di affidabilità nei confronti di tutti coloro che hanno rapporti con l’impresa, compresi banche e lavoratori.

Se si è d'accordo sul fatto che tutto ciò è scontato, potrebbe apparire incredibile come invece, nella realtà dei fatti, sia frequentissimo che le imprese perdano di vista il problema dei debiti, soprattutto fiscali, e si arretrino nel pagamento di imposte e contributi, accumulando talvolta montagne di arretrato.

Magari all’inizio si smettono di pagare gli acconti Ires, Irap e Irpef, rinviando all’anno successivo tali costi, con conseguenti sanzioni.

Poi si ritarda il pagamento di IVA e contributi. Fino a che si finisce per perdere il controllo e il debito tributario diventa strutturale.

Sebbene ciò sia giustificato, dal punto di vista dell’imprenditore, da motivi di emergenza, forza maggiore o sopravvivenza dell’azienda, la verità è che - una volta che si dà il via a tale dinamica – risulta poi difficilissimo riprendersi. Ben presto l’azienda diventa fragile, rischiandosi di rompere alla prima scossa.

Il debito, soprattutto quello tributario, è come le sabbie mobili: all’inizio dà apparentemente spazio di manovra (le cartelle esattoriali ci mettono anche anni prima di essere notificate).

Tuttavia, molto rapidamente, l’accumulo di imposte non versate risucchia l’azienda in una situazione soffocante, fino ad asfissiarla.

🔵 Ma che fare quando ormai si è scivolati sul problema e ci si trova ad affrontare una situazione debitoria divenuta insostenibile? Quando cioè il vecchio debito bussa alla porta con cartelle esattoriali, intimazioni di pagamento, pignoramenti presso terzi, fermi amministrativi e iscrizioni di ipoteca?

È un bel guaio. L’imprenditore sarà tentato di rimandare nuovamente il versamento delle imposte odierne per poter pagare i debiti di ieri. Si arriva al paradosso che molti scelgono di non pagare, ad esempio, l'IVA di oggi per saldare, insieme a sanzioni e interessi, l'IVA di ieri. Sotto ogni punto di vista si tratta di una follia.

Eppure è frequentissimo osservare tutto questo.

Come chiunque comprende, certe dinamiche sono la strada più rapida per fallire, non prima di aver sopportato un inferno di assurdità.

La colpa, a dirla tutta, non è tanto dell'imprenditore, che agisce spesso sotto il giogo di azioni che rischiano di distruggere l'azienda, ma di consulenti che suggeriscono strategia sbagliate quali rateizzazioni, rottamazioni, ricorsi tributari avverso cartelle molto spesso incontestabili, ecc.

Eppure il sistema giuridico conosce delle vie d’uscita dalla palude che si è tentato di descrivere. Esiste, ad esempio, lo strumento della transazione fiscale e previdenziale.

Ciò che, invece, normalmente manca è la preparazione e la volontà di non accontentarsi delle soluzioni apparentemente semplici ma sbagliate.

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