Pasticceria D'orazio

Pasticceria D'orazio Informazioni di contatto, mappa e indicazioni stradali, modulo di contatto, orari di apertura, servizi, valutazioni, foto, video e annunci di Pasticceria D'orazio, Vico Storto Teatro S. Ferdinando, 1, Chieti CH, Chieti.

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Soffice e leggera per nulla unta : la Zeppola di San Giuseppe deve essere rigorosamente fritta ! Ma fritta a regola d' a...
16/03/2024

Soffice e leggera per nulla unta : la Zeppola di San Giuseppe deve essere rigorosamente fritta ! Ma fritta a regola d' arte !

Domenica zeppole !
15/03/2024

Domenica zeppole !

💛💛💛Festa della donna:Rendiamo ancora più dolce l'8 Marzo! Ecco la nostre Mimose:Pan di spagna, ananas e crema chantilly....
07/03/2024

💛💛💛

Festa della donna:

Rendiamo ancora più dolce l'8 Marzo!

Ecco la nostre Mimose:
Pan di spagna, ananas e crema chantilly.
Sfoglia, fragole e crema chantilly.

Torta mimosa da kg 1
Monoporzione
Nuda di sfoglia
Tronchetto
Tartufo

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02/03/2024

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01/03/2024

“D’Orazio e il Vittoria”

Questo dovrebbe essere per me facile da scrivere, ma nella realtà non lo è, ci provo a raccontare qualcosa, perché un tempo che fu, io ho fatto parte di questa famiglia di lavoratori, lo dico anche con orgoglio, perche da quel tempo, sono passati oltre 50 anni, contrariamente a tante altre attività o esercizi che hanno chiuso i battenti per motivi vari; che sono pure ben noti in città, il bar è ancora li, parlo di quello storico nel vicoletto, il “bar D’Orazio”, che dal vecchio negozio di De Monte, su al corso, porta davanti al vecchio cinema Eden, (Via Vico Storto Teatro San Ferdinando).
Ancora adesso il bar è frequentatissimo, ma questo non è tutto, perché un altro gioiello cittadino è venuto ad arricchire questa già rinomata firma, è una perla che tutti conoscono, sta sotto i portici ed è meglio noto come “gran caffè Vittoria”.
Pure questo è un altro locale storico della città, era in precedenza della famiglia Granata, che un tempo aveva pure un negozio di mobili, proprio ad angolo del palazzo abbattuto per erigere il palazzo Upim, poi alla morte di don Peppe Granata, ci fu una gestione allegra che in breve tempo determina un passaggio di mano, davvero una fortuna per la città che questo capitale sia finito in mano alla famiglia D’Orazio, che non solo continua l’attività; ma lo diversifica pure, perché allarga il raggio d’azione che va oltre la semplice pasticceria e bar, portandosi anche alla piccola colazione del mezzogiorno per quei dipendenti pubblici che in centro hanno il rientro pomeridiano.
Questo giustamente comporta anche un incremento della forza lavorativa, una vera risorsa per la città, che è fortemente coinvolta nella triste questione occupazionale, quindi una vera opportunità per combattere il grande fenomeno della disoccupazione, credo siano oltre venti le unità occupate, non li ho mai contati, ma sono tutti ben qualificati, veramente professionali e gentilissimi con la clientela.
Tornando indietro nel tempo, la mia conoscenza di questo negozio, che per la città è ancora oggi un centro di attenzione “permanente”, risale al 1962, quando ebbe termine il mio periodo scolastico per cominciare quello di lavoro, semplicemente mio padre mi disse di andare e cercarmi un lavoro, la zia di mia madre che aveva l’edicola a “Scardapane”, mi suggerì di provare dal “bar D’Orazio”, così che andai, ero si timido, ma non potevo tornare a casa da mio padre, senza almeno dire ho provato a …
Perciò entro in quel negozio, per la prima volta, quello antico nel vicoletto, mi trovo subito dietro il bancone delle ricche bontà, un signore molto alto, in camice nero, con i baffi, molto simpatico; era “don Nicola”, il papà di Roberto, a cui chiedo subito, prima che il coraggio mi passi, se ha del lavoro per me, ma non risponde lui, risponde un altro signore che stava seduto in un angolo non in vista, un poco obeso, con grandi occhiali da sole; che seppur seduto si poggiava ad un bastone, mi chiede chi ero, da dove venivo e cosa sapevo fare, risposi solo che ero alla mia prima esperienza …, così che mi disse va bene, vieni domani mattina alle sei.
Tornai tutto contento a casa perchè avevo trovato un lavoro e non pigliavo strillate da papà, ero inoltre anche ansioso di cominciare, così che di buon’ora il giorno dopo, svegliato da mamma che mise la sveglia, puntuale stavo li.
Erano già al lavoro un ragazzone molto alto, Nicola il suo nome, poi un ragazzino più piccolo di me, ma solo come statura, perché poi seppi che era anche più adulto di me, veniva da un paesino della provincia, molto lontano e dormiva in città, da qualche parte, Tonino era il suo nome, ma tutti lo chiamavano “topolino” pensavo di lavorare li, invece fui accompagnato in altra parte, dentro il portone Martinetti, dove stava il laboratorio di pasticceria, era li appunto che serviva una persona.
Il primo giorno non dovetti fare molto, salvo prendere familiarità con l’ambiente, il forno, l’impastatrice, il pentolone con l’olio, un grandissimo scaffale ripieno di barattoli di latta, buste di vario contenuto, bottiglie di essenze, pile di pirottini, di vassoi di tutte le dimensioni, una pila di cartoni a mò di valigetta, tutte bianche; insomma il locale era strapieno.
Non sono sicuro sul nome del pasticciere, forse Francesco, ma diversi anni dopo lo rividi, aveva aperto un proprio laboratorio a Chieti scalo.
Ci stava anche un altro lavorante, mi pare di ricordare Ruggero il suo nome, tutto brizzolato nei capelli, ma il fatto più importante del mio primo giorno di lavoro, rimane il ricordo della grande abbuffata di paste che feci, ne mangiai tante, anzi mi fecero mangiare tutti i tipi, proprio da fare una vera indigestione.
Fu quello il mio “battesimo” da pasticciere, fu tanto il mal di pancia quella sera e tanta la nausea che ebbi per diverso tempo solo al pensiero di dover assaggiare qualcosa, per oltre un ventennio non ho più mangiato paste o torte, la torta del mio matrimonio, fu proprio solo un assaggio.
Quindi l’inizio effettivo del mio lavoro rimandato al giorno dopo, cominciai alle tre di notte, perché quello era l’orario di lavoro, dodici ore, dalle tre alle quindici, tutti i giorni.
Dopo aver aiutato il pasticciere alla preparazione dei prodotti, cominciavo alle sei del mattino la consegna presso i vari bar della città le cassette delle paste, che dovevano stare nei bar della città, almeno alle sette, fra i tanti; ricordo il bar del supercinema, il bar appena prima di quello dei Bucciarelli, che era in realtà solo un punto vendita dei D’Orazio.
Questo era il mio lavoro, aiutare alle prime ore il capo pasticciere, poi andare per le consegne e ritirare il vecchio, quindi fare le pulizie, di per se non era pesante fisicamente, ma erano troppe le ore, troppo anche il disagio arrecato in famiglia, che contribuì a farmi cambiare lavoro, mamma che mi doveva svegliare di notte, che poi non si riaddormentava, ecc, feci appena più di un mese, era davvero troppo, abbandonai.
Fui normalmente pagato e questo fu tutto il mio contatto con la ditta, poi ho cercato la mia strada realizzandomi appieno, ma non ho dimenticato questa mia prima esperienza, posso dire oggi che, intanto avevo fatto delle amicizie, quando facevo le mie “vasche serali o festive“ per il corso, passavo e mi fermavo a salutare don Nicola, il signore coi baffi, che era poi il fratello di don Ettore, il vero padrone, (il signore che stava seduto), che era quasi cieco; ma non era affatto cattivo, forse solo arrabbiato per la sua sfortuna.
Poi ho conosciuto la “fiat 500 familiare”, per le consegne a domicilio, guidata da Roberto, figlio di don Nicola, l’attuale proprietario, che devo dire; di una squisitezza unica, così come tutta la sua famiglia.
Anche con gli altri lavoranti ero rimasto amico, insomma anche se c’è stato un periodo in cui non ho mangiato prodotti di pasticceria, comunque non ho trascurato i contatti con gli amici del bar D’Orazio.
Nel 1988 però noto che l’attività cresce, da perfetto estraneo quale ero, devo dire che la cosa mi fa piacere, perché il glorioso “caffè Vittoria”, viene acquisito dai D’Orazio.
Diventa doveroso a questo punto tornare indietro nel tempo per dire qualcosa di quello che era, il bar “Caffè Vittoria” in questione.
Questa la breve cronistoria: che pochi sanno del locale, in realtà non si chiamava “caffè Vittoria”, ma “Caffè Perocchi”, parliamo di uno dei migliori caffè italiani di tradizioni, già dal suo anno di nascita, nel 1920, da certi signor Melocchi e Granchelli.
Nomi sconosciuti alla città, ma questo si racconta nella documentazione che il poeta dialettale abruzzese Modesto Della Porta, ha lasciato ai posteri, è al “caffè Perocchi” che Della Porta si incontra e siede con il grande Trilussa; in uno di quei tavolini che ancora stanno sotto i portici, questo è accaduto nel 1921 a Chieti.
Dopo appena due anni dalla sua nascita, il locale cambia gestione, passa ai signori Romiti e Caniglia nostri concittadini, che gli cambiano nome, una prima volta in “caffè Roma”, è solo nel 1936 prende l’attuale nome di “caffè Vittoria”.
Facile da immaginare che deriva da qualche cosa che nel mentre accadeva in Africa, dove i nostri soldati stavano a fare civilizzazione, in nome e per conto di un certo signor Mussolini, ma questo è altra cosa.
Nel 1938, la proprietà passa nuovamente di mano, a comprarli sono ancora due signori della città, tali Del Grosso e Granata, del primo non so assolutamente niente, salvo che di professione faceva “il barbiere”, oggi meglio noti come parrucchiere per uomo, mentre il secondo don Peppe Granata, l’ho anche conosciuto; era lo stesso proprietario del negozio di mobili che stava di fronte al vecchio “palazzo Lepri”, abbattuto per fare posto al palazzo Upim che ancora insiste sul corso.
La nuova proprietà, come prima cosa, provvede a ristrutturarei locali, mantenendo intatto l’attuale stile liberty.
Passano gli anni, passa anche il periodo bellico, la posizione, la bellezza dei locali o altro ancora, danno buona affermazione, in tutto questo tempo; il bar da solo si propone, negli anni dello sviluppo, contribuisce in proprio a rivitalizzare la vita sul corso cittadino.
Siamo ai tempi degli intrattenimenti musicali che veniva fatto da artisti locali, proprio nei locali del “caffè Vittoria”, tra i tavolini sotto i portici trova spazio il primo complesso jazz della città, “I Vagabondi”, formato nel 1959, da alcuni giovani artisti locali: Luciano Luciani flautista, Saverio Burattini pianista, Goffredo Civitarese chitarrista elettrica, Giampiero Florio contrabbassista, Rolando Di Nezio batterista, è non sono i soli, si alternano anche Carlo Bussetti chitarra hawaiana, Andy Bono ecc.
Sono bei momenti di vita che il corso della città vive.
Non è tutta questa la storia anagrafica del locale, perché anche il nostro grande poeta dialettale, Renato Sciucchi, ci racconta in una sua poesia; “il tormento del povero”, che calza bene a tanti altri, perché è il racconto del suo vivere quotidiano, la sua voglia di stare a casa, però condizionato negli spazi da dividere tra la moglie e il figlio, alla fine; era sempre lui a dover uscire di casa.
Davvero una bella poesia che merita riflessione, così che andava a scrivere le sue poesie proprio nella terrazza del Vittoria, (nei tavolini sotto i portici), dove sempre trovava spazio e grande accoglienza da parte non solo dei comuni avventori; ma anche da quanti passavano e spesso si fermavano perché c’era lui, (e molto più spesso anche carta dove poter comporre le sue poesie).
Il “gran caffè Vittoria”, oltre la sua celebrità in loco, si fa conoscere anche oltre, perché il regista cinematografico Luciano Odorisio, pure nostro concittadino, nel 1982, gira un film in città, “Shopen”, attori principali, Michele Placido e Giuliana De Sio, i locali del caffè sono al centro delle attenzioni anche nazionali, tra l’altro nel film, trovano spazio anche diversi personaggi della città, Peppino Desiderio e Claudio Scioli, impegnati in qualche parte di rilievo del film.
Quindi il “caffè Vittoria” ha davvero una ricca storia di cui vantarsi e da difendere, è il locale per eccellenza, è sempre stato luogo di incontro, ieri della “Chieti bene”, ma oggi tranquillamente siamo in tanti a frequentarlo.
Nel corso degli anni, forse ha avuto un solo antagonista, il “bar Colombo”, appena dopo la piazza del G.B. Vico, che però ha chiuso da diversi decenni.
Decantato finora il meglio del locale, c’è da dire che la proprietà non tiene più in molta considerazione il locale, che a tratti perde un po’ di interesse, tanto che …, sul finire dell’estate del 1988 arrivano nuovi compratori, che hanno pure tanta esperienza nel ramo, entra in gioco la fama e l’onore di un nome già molto noto e anche “molto dolce”, in città, è quella di D’Orazio, è Roberto che entra in gioco e si avventura.
L’origine della famiglia D’Orazio nell’attività di pasticceria, nasce nel 1930, sono i due fratelli, Ettore e Nicola, che insieme danno inizio a questa avventura, inizialmente sopra i locali del vecchio cinema Eden; poi nel 1950, si trasferiscono nello storico locale di Vico Storto Teatro S. Ferdinando, dove tutt'ora è la sede della “Pasticceria D’Orazio”, posso dire che hanno accumulato un grosso capitale di esperienza e di vita, hanno perciò un grande nome da difendere e che vogliono ulteriormente valorizzare.
Dei vecchi proprietari è rimasto solo Roberto, figlio di “don Nicola”, che ha ereditato dallo zio e dal papà tutta l’attività, ha ulteriormente ampliato il suo raggio d’azione, ma ha trovato anche il tempo di realizzarsi sentimentalmente, perché crea una propria famiglia, si sposa con la signora Lucia, che pure l’aiuta.
Tutto questo è degno di nota, perché indica come ingredienti che hanno appreso i valori della vita che fanno riferimento all’attaccamento al lavoro, alla serietà professionale e anche alla voglia di esserci a combattere in questa città che appare vuota, perché ogni giorno scompare dalla vista di tutti un pezzo di storia.
Questa volta è un’intera famiglia che si mette in movimento, Roberto, il figlio di “Don Nicola”, con la moglie signora Lucia e le figlie Gabriella, Renata e Maria Angela, nate dal matrimonio.
Sanno di giocare grosso, ma lo fanno con impegno e rispetto, con onestà e anche con sacrificio, questo mi risulta, perché quando ormai molto adulto; (nel 2000, ero in pensione), come dirigente di un’associazione di volontariato della città, organizzai un grosso convegno nazionale al seminario regionale.
Il buffet per gli oltre 200 ospiti, fu servito dalla ditta D’Orazio, è stata davvero una meravigliosa serata, gli anni di esperienza permette loro di offrire alla clientela un servizio completo, rapido, efficiente e raffinato; devo dire che sono organizzati al massimo per eventi di ogni genere, dai matrimoni alle inaugurazioni, insomma ogni cerimonia possibile, danno per davvero una garanzia del servizio offerto; poi basta fare riferimento al vecchio sindaco Nicolino Cucullo, che nei suoi dodici anni di mandato è stato un assiduo frequentatore del locale, lui così esigente si è trovato molto bene.
Sono passati ancora altri anni, il bar è sempre li, il locale, o meglio dire “i locali”, come si dice sono gettonatissimi, per me è d’obbligo passare al mattino da D’Orazio, ora che vivo all’estero, prima di partire comincio a pensare domani mattina faccio una ricca colazione al “gran caffè Vittoria” e non è cosa da poco.
Quando sono a Chieti, non è solo un’affezionamento dovuto appunto ai miei precedenti contatti, quanto più, proprio alla qualità del prodotto, al fatto di sentirsi come a casa propria, ben accolto e ben servito, poi come si dice; l’occhio vuole anche la sua parte, perché dentro i locali, sia il “gran caffè Vittoria” che quello al vicoletto, “pasticceria D’Orazio”, trovi il meglio della pasticceria locale e regionale; oltre una vasta gamma di caramelle, cioccolato, liquori di grandi marche nazionali ed estere.
Quelle vetrine incantano le donne perché permette loro di fare bella figura a casa, ma attraggono anche noi uomini perché i golosi alla fine, siamo noi.
Se voi forestieri, magari ci capitate in città, intendo a Chieti, e non sapete dove si trovano questi due negozi, abbiate il buonsenso di chiedere, perché proprio non potete perdere tutta questa bontà, grazie al sacrificio di questo team familiare e non solo.
Si possono passare ottimi momenti al “gran caffè Vittoria”, perché ci si sente avvolti e presi in una calda e magica atmosfera in uno storico ed affascinante locale della Chieti che va assolutamente visitata e vissuta; è sempre la famiglia dei D’Orazio con a capo l’amico Roberto, che trovi in qualsiasi momento della giornata, quando entri all’interno del “gran caffè Vittoria”, con l’immancabile sorriso, con la consueta familiarità e con il dovuto rispetto.
Potrei concludere, non credo di aver scoperto dei protagonisti o dei personaggi in questo racconto, perché sono troppi i personaggi e troppi anche i protagonisti, ci sono i proprietari che si sono avvicendati, ma ci sono anche i cittadini che con la loro frequentazione hanno dato vita e fama a questo locale, ci sono inoltre anche gli addetti ai lavori, che sono le “figure silenziose”, sempre rimangono dietro le quinte, però tutti insieme hanno lavorato e regalato un altro grosso successo, perchè lo scorso anno nel 2013, un altro obiettivo è stato raggiunto.
Roberto assieme a tutta la sua famiglia e tutta l’equipe del “gran caffè Vittoria”, ha festeggiato il 25esimo anniversario di attività di questo secondo locale, quindi ancora un obiettivo raggiunto, certamente un vero successo, che premia il sacrificio di stare per ore dietro un registratore di cassa, oppure fare con metodo e puntualità, il controllo di qualità dei prodotti.
C’è da dire che ci sono anche le soddisfazioni che arrivano e che pagano anche oltre lo stesso denaro, per loro è contentare sempre e comunque la numerosa clientela, perché senza la clientela non si va da nessuna parte.
Oggi che scrivo, nel locale si è prossimi a festeggiare il centenario di fondazione, è vero, mancano ancora sei anni, ma sono sicuro, che loro già pensano a qualcosa di bello da offrirsi e offrire alla città, che nel corso dei vari passaggi, del tempo, dei proprietari è dei fruitori, proprio in questo ultimo periodo, si sono sempre più affezionati l’un l’altro, oggi è “il luogo di tutti” in città, proprio un gran pregio.
Purtroppo la vita a tutti riserva sorprese non desiderate, è nella logica ma solo quando ci troviamo di fronte agli eventi elaboriamo il mistero della vita, devo rendere attuale il mio scritto pubblicato sul primo dei miei tre volumi sulla città, con gli accadimenti che nel mentre si sono susseguiti, Roberto nel suo grosso impegno di lavoro, ha trascurato se stesso, era sempre in movimento, sempre vigile e attento sul buon funzionamento delle sue attività.
Aveva un pensiero per altre iniziative, atte a rivitalizzare la città, solo che improvvisamente nel 2015, indipendentemente “dalla sua volontà”, pur nella prontezza degli interventi e le cure prestate, in breve ci lascia, c’è sgomento e sorpresa in città, nessuno pensava una simile eventualità, si divideva tra la pasticceria e il Vittoria, gli incontri lungo il percorso, erano quotidiani e cordiali.
Scompare una figura di prim’ordine che lascia un vuoto incolmabile non solo nella famiglia, ma nell’intera città, le serrande del Vittoria restano basse e quando si riapre, la sua assenza si nota molto.
Riprende pienamente l’attività …, con grande voglia da parte delle tre figlie, di mantenere alto il nome di Roberto in città, si sentono molto coinvolte e in dovere di rispettare oltre che continuare come nel desiderio di Roberto, la manovra espansiva della bella attività commerciale, forse con Roberto, erano già in atto i contatti con la proprietà, riprende con il nome dei “D’Orazio” l’attività del noto ristorante “La Bellavista”, su al belvedere del palazzo UPIM, solo su prenotazione per eventi e feste familiari.
Inutile dire che in città c’è grande soddisfazione per questa tappa che Roberto mette a segno, è un sogno che si concretizza e dona altro prestigio alla famiglia D’Orazio.
Sono riuscito a concludere questo racconto, anche con un poco di aiuto da parte di Gabriella, che ringrazio, è stata però dura, ma sono soddisfatto, anche perché sono riuscito a sapere qualcosa di quel cameriere, oltre il nome, anche la foto che ho preso dal bellissimo libro sulla storia del “Corfinio Barattucci”.
Alla fine …, quest’ultimo paragrafo mi è doveroso scriverlo, sarei contento di ritrovare una foto di quel signore che era cameriere in questo locale, e sapere chi era, erano gli anni 60, ricordo che assomigliava tantissimo al principe della risata, il grande Totò.

Devo dire che sono stato fortunato, perchè a distanza di qualche tempo dalla pubblicazione di questo racconto in rete, mi arriva un messaggio, molto gradito, proprio sul cameriere che somigliava a Totò che lavorava al Vittoria, era (Giovannino il suo nome), riporto il messaggio di “Edmondo Dino Spagnuolo”, un nostro concittadino che vive fuori come me:

“Ho frequentato molto il Caffè Vittoria da ragazzo, quando c'erano Renato Sciucchi, Tecnicolor (impresario edile con le giacche molto colorate) ed altri ancora di cui in questo momento non ricordo i nomi, ci torno tutti i Venerdì Santo, in attesa della processione.

A proposito del cameriere che somigliava a Totò ricordo due episodi:

1° caso: un signore, di cui non ricordo il nome ma che aveva il mento un po’ storto, si avvicinò al bancone del bar e gli chiese "damme caccose pe' aggiustarme la vocche". la risposta del cameriere fu "e asse ce vo 'na martellate".

2° episodio, personale: una sera del venerdì Santo, in attesa dell'uscita della processione, gli chiesi di servirmi "un pomodoro condito", il suo commento fu …, "e che cià dii fà, l'anzalata?"

Tecnicolor era soprannominato il geometra Marcantonio.

Mi viene ancora alla memoria Carletto Caniglia, un buontempone che frequentava il Vittoria anche al mattino, (lavorando alla vicina sede centrale della Cassa di Risparmio), un mattino vide un noto avvocato, piccolo di statura, che prendeva un caffè ed era vestito in modo particolarmente elegante, e così lo apostrofò:

"Avvocà che eleganza, ma ti servi da Baby Chic!" (allora era un noto negozio di abbigliamento per bambini).

N.B. le foto dal mio archivio

Indirizzo

Vico Storto Teatro S. Ferdinando, 1, Chieti CH
Chieti
66100

Sito Web

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